martedì 15 febbraio 2011

Il signoraggio

Il signoraggio rappresenta in sostanza, l’insieme delle risorse ottenute da chi conia in virtù del proprio potere di emissione. È una vera e propria fonte di entrate che lo stato trae dall’emissione di moneta.
Il premio Nobel Paul R. Krugman, nel testo di economia internazionale scritto con Maurice Obstfeld, definisce il signoraggio come il flusso di “risorse reali che un governo guadagna quando stampa moneta che spende in beni e servizi”. Il termine deriva dal provenzale senhoratge, derivazione di senhor, che in italiano significa signore. Nel Medio Evo infatti i signori feudali di tutta Europa cercarono di rendersi indipendenti dai sovrani attribuendosi il diritto di battere moneta e la titolarità dei relativi redditi. Oggi, il termine signoraggio viene talvolta esteso per comprendere l’insieme delle risorse che lo stato trae dal suo potere di creare inflazione espandendo l’offerta della moneta, indipendentemente dallo strumento finanziario con cui esse vengono esatte.
Creare una moneta ha dei costi (dalla manodopera alla materia prima): ciò determina il valore intrinseco. Alla moneta viene dato un valore nominale: la differenza tra i due determina il signoraggio, ovvero il guadagno di chi crea la moneta. Ma più che di guadagno, c’è chi ventila l’ipotesi di un vero e proprio lucro.

Lega Nerd analizza la questione, facendo anche un esempio concreto di valore intrinseco e di valore nominale e dando spazio una digressione storica che fa capire meglio di cosa sia retaggio il sistema del signoraggio (che aveva altra valenza quando la moneta era d’oro):
Durante la fase di creazione della moneta abbiamo un consumo di materie prime (carta e inchiostro) ed abbiamo un prodotto finale con il suo valore intrinseco.
Nel caso del biglietto da 50 euro abbiamo un costo iniziale di 3 centesimi di euro ( valore intrinseco), ed un valore nominale finale di 50 euro.
Un bel guadagno, non trovate? Dove finisce questo valore?
Questo valore prodotto viene “nascosto” nei bilanci delle banche centrali; il prodotto finale, viene posto tra le passività del bilancio.
Non è, purtroppo, uno scherzo, basta andare a guardare nei dettagli del bilancio della Banca d’Italia.
Come esempio vi posso dire che nel 2008 sono state create dalla Banca d’Italia banconote per 126 miliardi di euro che sono finiti in bilancio sotto la voce passività.
Questa situazione, che è contro il buon senso, dipende dalle attuali leggi ( leggi particolari per la compilazione dei bilanci, valide solo per le banche centrali) ed ha una motivata e precisa origine storica.
Infatti, gli antenati delle moderne banche erano facoltosi personaggi i quali avendo già un’attività connessa all’oro, svolgevano anche un servizio di custodia dello stesso.
Per certificare la proprietà dell’oro, chi lo deteneva riceveva l’oro in custodia e consegnava al proprietario le cosiddette “note di banco”, antenate delle moderne banconote.
Avendo queste “note di banco” chi era impegnato nei commerci trovava più comodo e sicuro girare la propria nota di banco, piuttosto che andare a ritirare fisicamente il proprio oro e portarlo in giro per i pagamenti.
Così le note di banco iniziarono a circolare.
Ben presto chi custodiva l’oro si rese conto che quasi più nessuno andava a ritirarlo, preferendo far circolare le note di banco: allora, di fronte ad una richiesta di prestito di oro, tali banchieri iniziarono a produrre note di banco, anche oltre la propria disponibilità di oro.
La produzione di note di banco in eccesso non avrebbe mai costituito un problema, a meno che improvvisamente non si fossero presentati tutti insieme a richiedere il proprio oro, perché questo avrebbe portato ad una immediata insolvenza del banchiere.
Ovviamente nel bilancio del banchiere l’oro è l’attivo mentre le note di banco sono il passivo.Questo tipo di contabilità è stata mantenuta fino ad oggi, con la differenza che le banche centrali non ricevono più oro da custodire, ma dal nulla producono moneta che nel bilancio finisce tra i passivi.
Una vittima illustre di questo nuovo sistema di creazione del denaro è stato il Regno delle due Sicilie, infatti i Borboni coniavano monete in oro ed in argento e il valore nominale delle monete era pari al loro valore intrinseco, questo dava molto fastidio alle altre nazioni europee, in particolar modo al Regno Unito che si adoperò in maniera anche palese a far si che lo sbarco dei Mille in Sicilia avesse un esito positivo, mandando delle cannoniere a protezione delle navi Garibaldine, inoltre mobilitò la massoneria presente con i suoi affiliati tra gli alti ufficiali dell’esercito Borbonico adoperandosi a non creare a Garibaldi un vero contrasto militare.
Queste, dunque le origini storiche. Ma oggi cosa succede? Ci si trova davvero a un punto di non ritorno? Continua Nazzareno Brunozzi nell’articolo riportato da Lega Nerd:
Quindi le banche centrali non regolano più la quantità di moneta in base all’oro posseduto, ma la regolano secondo propri criteri, in funzione di un obbiettivo dichiarato.
L’obbiettivo dichiarato dalla BCE è il mantenimento di una inflazione prossima e inferiore al 2% in funzione di questo obbiettivo due sono gli strumenti principali in mano alla BCE: la regolazione della liquidità ed il tasso d’interesse per la liquidità richiesta.
In tale contesto, rimane vero che tutte le banconote sono gravate da un debito, pari all’importo delle banconote stesse: anche perché non abbiamo alcun soggetto che distribuisca banconote gratuitamente, nemmeno allo Stato.
Questo nonostante che per la Costituzione Italiana, lo Stato è l’unica Autorità Monetaria costituita. Tanto questo è vero che è lo Stato a coniare le monetine in euro e in centesimi di euro ed ovviamente tale produzione nel bilancio dello Stato è messa tra gli attivi, come appare logico che sia.
D’altronde questo conferma anche che mettere nelle passività le banconote prodotte, come fanno le banche centrali, è un controsenso.
Inoltre il ruolo della banca centrale che era quello di controllore delle altre banche operanti nella nazione è ora reso difficile dal fatto che la banca centrale è stata privatizzata e che le sue azioni sono quasi tutte in mano a quelle stesse banche che era chiamata a controllare ed a gruppi assicurativi ed a potenti famiglie che sono azioniste di quelle banche. (dati ed affermazioni prese da: La moneta copernicana di Nino Galloni e Marco Della Luna, Nexus edizioni, 2008 pag. 7)
In questo momento di crisi economico- finanziaria dove sotto attacco speculativo ci sono gli Stati e dove non vi è da parte di questi identità di vedute nel trovare risposte efficaci per proteggersi (vedi la decisione di ieri da parte della Germania di vietare le vendite allo scoperto fino al 31/03/2011 su azioni delle principali aziende e banche nazionali e sui titoli di debito pubblico) subito fatta propria dall’Austria e dal Belgio, ha fatto seguito la dichiarazione della Francia dell’Italia della Spagna e dell’Olanda che invece non intendono vietare le vendite allo scoperto, almeno per ora.
Ieri la BCE (banca centrale europea) aveva in asta titoli per 5 miliardi di euro, l’asta è stata deserta.
Le borse di tutto il Mondo stanno perdendo valore, ieri solo le borse europee hanno bruciato 144 miliardi di euro,oggi altri 104 miliardi, ed è già la terza volta che ciò accade negli ultimi due mesi.
Ci troviamo quindi vicinissimi al punto di non ritorno, grazie anche a inefficienze ed incompetenze di quel mondo politico che invece di tutelare i cittadini, troppo spesso è colluso o corrotto da quei poteri forti che avrebbe dovuto contrastare.
La semplice soluzione ai problemi è quella di togliere la possibilità di stampare moneta ai privati e soprattutto farci pagare questo servizio con il valore nominale delle banconote prodotte invece del loro valore intrinseco.
Questa operazione che ha il nome di “signoraggio” crea dal nulla il debito pubblico, fa arricchire pochissime persone a danno di tutti.
Gli Stati devono riappropriarsi del proprio debito che è solo fittizio e creare un nuovo modello di società.

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