venerdì 24 settembre 2010

Il medioevo

Con il termine Medioevo si indica una delle quattro grandi epoche – classica, medievale, moderna e contemporanea – in cui viene tradizionalmente suddivisa la storia dell'Europa.

Secondo tale periodizzazione, il suo inizio si colloca convenzionalmente nel 476, cioè nell'anno che vide la deposizione dell'ultimo imperatore romano Romolo Augusto e, con essa, la fine dell'Impero romano d'Occidente; è altresì usata la data 410, data del Sacco di Roma o, più genericamente, la fine della tarda antichità (seconda metà del VI secolo). La conclusione dell'età medievale ha invece date diverse da paese a paese, corrispondenti alla nascita delle rispettive monarchie nazionali e al periodo rinascimentale. Le più comunemente utilizzate sono:

* il 1453, anno che segna la fine della guerra dei cent'anni tra Inghilterra e Francia, la presa di Costantinopoli da parte dei Turchi Ottomani e la comparsa del primo libro a stampa;
* il 1492, coincidente con la conquista del Sultanato di Granada, ultimo baluardo islamico in Spagna e la scoperta delle Americhe da parte del genovese Cristoforo Colombo;
* il 1517, anno in cui Martin Lutero diede avvio alla Riforma protestante.

Nacque inizialmente come vocabolo del profetismo semieretico, dove si indicava l'epoca di allora (il XIII secolo) come un'epoca intermedia tra il regno dell'Antica Legge e il futuro Regno di Dio. Tale termine fu usato in senso di periodo storico per la prima volta nell'opera Historiarum ab inclinatione romanorum imperii decades, dell'umanista Flavio Biondo, scritta verso il 1450 e pubblicata nel 1483. Secondo Flavio Biondo, in polemica con la cultura del XIV secolo (che oggi consideriamo la crisi del Medioevo), l'epoca è come una lunga parentesi storica, caratterizzata da una stasi culturale che si colloca tra la grandezza dell'età classica e la rinascita umanistico-rinascimentale della civiltà che ad essa si ispira. Questa visione negativa del Medioevo è poi stata superata (anche se ancora oggi permane una visione negativa di questa età).

Secondo l'impostazione della storiografia marxista, condivisa anche da alcuni storici non marxisti, il Medioevo si concluderebbe con la fine del feudalesimo e l'avvento dell'industrializzazione nel XVIII secolo.

Una suddivisione comunemente utilizzata del Medioevo è tra:

* "Alto Medioevo" (da qualcuno detto dei "secoli bui"), che va dal V al X secolo ed è caratterizzato da condizioni economiche disagiate e da continue invasioni da parte di Slavi, Arabi, Normanni e Magiari;
* "Basso Medioevo" o "tardo Medioevo", un periodo intermedio, che vede lo sviluppo di forme di governo basate su signorie e vassallaggio, con la costruzione di castelli e la rinascita della vita nelle città; poi un crescente potere reale e la rinascita di interessi commerciali, specie dopo la peste del XIV secolo.

Tra questi due periodi la più recente storiografia ha inserito il periodo del medio Medioevo o secoli centrali del Medioevo (XI-XII sec).[1]

In Europa si segue in genere la stessa periodizzazione tranne che in Germania dove si individua un Frühmittelalter (V-VIII), un Hochmittelalter (IX-XI) e un Spätmittelalter (XII-XV).[2]

Una suddivisione usata nel campo degli studi storici medievali è anche quella in quattro periodi[3]:

1. Dal IV al VI secolo: tarda antichità. In questo periodo sopravvive un'autorità imperiale forte, fino alla morte di Giustiniano I di Bisanzio
2. Dal VII al X secolo: Alto Medioevo. In questo periodo le popolazioni barbariche si organizzano in regni ed ha inizio la presenza islamica nel bacino del Mediterraneo che, secondo una famosa tesi dello storico Henri Pirenne, portò al definitivo tramonto degli equilibri del mondo antico, con uno spostamento verso nord del baricentro politico europeo.
3. Dall'XI al XIII secolo: pieno Medioevo. Si ha la piena e completa fioritura del sistema dei Comuni medievali e delle monarchie nazionali europee.
4. Dal XIV (dopo la peste nera) al XV secolo: Basso o tardo Medioevo. Si assiste alla crisi del sistema feudale.

Esistono inoltre altri periodi chiamati "Medioevo", applicati per esempio alla storia greca (il "Medioevo ellenico") o giapponese.

I pareri sull'inizio e sulla fine del Medioevo sono discordanti. Alcuni storici danno come inizio del Medioevo la fine dell'unità cristiana d'Europa, cioè l'arrivo degli Arabi e la loro conquista (VII secolo). Altri danno come inizio la calata dei Longobardi e l'effettiva fine dei domini imperiali in occidente (nel 568). Altri ancora danno l'anno mille come inizio, visto che la società europea cominciò a dare segni di rinascita in tutti i campi. Per alcuni studiosi inglesi è questo l'inizio del Medioevo, etichettando l'epoca che va dalla fine dell'impero romano d'occidente all'anno mille come "i secoli bui".

Per la fine molti studiosi concordano che la data sia il 1453, cioè la caduta di Costantinopoli, che avrebbe portato la società europea a cercare nuove vie per l'oriente, visto che il Bosforo e il levante erano sotto dominio turco.
Dal punto di vista sociale, dopo il collasso dell'Impero Romano d'Occidente, si assistette ad una prima fase con la lotta tra le popolazioni del nord e dell'est europeo per la ricostruzione a livello locale dell'organizzazione amministrativa, militare, economica e giuridica; questa fase fu poi seguita, verso la fine del Medioevo, da una nuova fase di accentramento dei poteri a livello nazionale.

Cruciale in questa organizzazione fu la struttura feudale che, se da un lato permetteva una certa stabilità grazie all'organizzazione continentale del sistema, non fu mai sufficientemente forte da togliere completamente autonomia alle realtà locali, che così poterono gestire la transizione tra l'uniformità dell'Impero romano e la nascita degli stati nazionali.

Contemporaneamente allo sforzo per la creazione di stati nazionali, nell'Italia centrosettentrionale e in alcuni centri commerciali d'Europa si assiste invece all'emancipazione dall'Impero romano tramite i Comuni, città o paesi indipendenti, a regime repubblicano, che si contrappongono al concetto in formazione di monarchia nazionale, sino alla loro trasformazione, in Italia, in signorie cittadine e poi in stati regionali, ambienti in cui nascerà il Rinascimento.

Una realtà in grado di dare uniformità al panorama europeo fu la comune radice religiosa basata sul Cristianesimo, ereditata dall'ultimo periodo romano e proseguita fino all'XI secolo con la separazione della Chiesa ortodossa dalla Chiesa cattolica nel 1054.

Questa radice comune portò da un lato ad una commistione tra potere temporale e religioso che permise dei momenti di identità come nel caso delle crociate e proseguì, non senza conflitti, anche nella Riforma protestante.


Filosoficamente, il Medioevo si caratterizza per una grande fiducia nella ragione umana, che si esprime nella corrente della scolastica, il cui maggior esponente è Tommaso d'Aquino.

La crisi di questa corrente filosofica, nel XIV secolo con autori come Duns Scoto e soprattutto Guglielmo di Ockham, fu segnata da un crollo di fiducia nella ragione e da un conseguente crescente fideismo, portò alla fine del pensiero medioevale ed alla nascita del pensiero moderno.

L'Umanesimo ed il Rinascimento furono dei poderosi tentativi di rispondere a tale crisi, proponendo dei modelli, gli "antichi", come risposta al crollo di fiducia nella ragione umana. Come è stato ben spiegato da storici, come Régine Pernoud, gli Umanisti finirono per attribuire all'intero Medioevo quei caratteri di debolezza della ragione e di fideismo che ne caratterizzarono, al contrario, proprio la crisi.

Sebbene il termine tarda antichità implichi tradizionalmente una valenza negativa e tra i secoli dal III al V l'area europea e del bacino del Mediterraneo subirono senz'altro un periodo di crisi, le trasformazioni in quest'epoca furono alla base per la nascita dell'identità europea. Si registrò in quest'epoca il definitivo tramonto del sistema romano, con rivoluzioni sociali, economiche, culturali e religiose in larga scala.

Si diffuse il Cristianesimo, inizialmente perseguitato e poi religione di Stato dal 380 (editto di Tessalonica). Un altro grande stravolgimento fu quello delle cosiddette invasioni barbariche (nella storiografia di matrice tedesca più prudentemente chiamate migrazioni di popoli), che portarono una serie di popolazioni asiatiche e nord-europee a premere verso occidente e verso sud, arrivando gradualmente ad occupare aree sempre più vaste dell'Impero Romano d'Occidente, fino a decretarne anche la fine formale con la deposizione dell'imperatore Romolo Augusto da parte di Odoacre Re degli Eruli nel 476.

In realtà il Medioevo non ebbe inizio con una data, anche se convenzionalmente è il 476, ma si avviò nell'arco di tre secoli, dal IV al VII. Il periodo successivo alla deposizione dell'ultimo imperatore non si risolse, come è convinzione diffusa, nella fine di una civiltà, ma nella sua fusione con quella di altre popolazioni, che determinò il sorgere di una nuova civiltà latino-germanica. I regni romano-barbarici in tutta l'Europa occidentale venivano via via riconosciuti da Bisanzio, dall'unico imperatore rimasto, il quale non era interessato al governo sostanziale di quell'area ormai impoverita e decentrata che era l'Occidente, ma gli era sufficiente che i nuovi re si sottomettessero formalmente al suo comando, in cambio della legittimazione. Fecero così i regni dei visigoti, degli ostrogoti, degli eruli, ecc.

Un'eccezione fu il regno dei Franchi, che con la dinastia dei Merovingi, fu il primo a riconoscere l'autorità, invece che del basileus bizantino, del papato romano, che in quell'epoca stava cercando di far valere il suo primato sulle altre Chiese in base proprio al primato di san Pietro tra gli apostoli. Il regno dei Franchi fu quindi il "figlio primogenito della Chiesa romana", ed al suo esempio si adeguarono gradualmente anche altri stati romano barbarici, come quello anglosassone o quello longobardo.
L'Impero romano d'Oriente, noto come Impero Bizantino (denominazione apparsa successivamente alla Caduta di Costantinopoli, per rimarcarne la distinzione con l'Impero Romano classico), è la pars orientis dell'Impero Romano; essa sopravisse alla pars occidentis che, travolta dalle invasioni barbariche, cessò ufficialmente d'esistere nel 476 con la deposizione di Romolo Augusto.

La storiografia è incerta sulla data di nascita dell'Impero Bizantino, e diversi sono gli eventi considerati determinanti per la nascita dell'Impero Bizantino:

1. Ascesa al trono di Arcadio come Augusto d'Oriente (395);
2. Caduta dell'Impero d'Occidente (476);
3. Rifondazione di Bisanzio come Costantinopoli (330);
4. Morte di Giustiniano I e fine del sogno politico di ricostituzione dell'Impero Romano sotto l'egida dei monarchi costantinopolitani (Restauratio Imperii);
5. Incornonazione di Eraclio I il Grande (610), è l'evento considerato dalla maggior parte degli storici come quello fondamentale per la nascita dello stato bizantino.

Al contrario è unanime il giudizio secondo il quale è la Caduta di Costantinopoli l'evento che segna la caduta dell'Impero Bizantino.

La millenaria storia dell'Impero d'Oriente è molto travagliata; ad un'iniziale supremazia in ambito mediterraneo, testimoniata dalla Restauratio Imperii giustiniana, si assiste un sempre maggiore arretramento dell'Impero, dal punto di vista militare con l'erosione costante e irreversibile dei confini (eccezion fatta per l'età degli imperatori macedoni), e un suo ripiegamento su se stesso dal punto di vista culturale: con lo smarcamento dal controllo culturale e religioso dei Basileus [4] dell'Europa occidentale e la conseguente frattura fra Europa latina (cioè, per dirla in termini moderni, cattolica e nata dall'incontro-fusione tra mondo romano presistente e mondo germanico) ed Europa bizantina. Naturalmente non va dimenticato l'affacciarsi sul panorama politico e culturale del Mediterraneo degli Arabi, che conquistarono le terre imperiali comprese tra il litorale siro-palestinese e l'Africa romanizzata nel VI secolo. Proprio con i popoli musulmani, prima i Persiani, poi i Turchi, l'Impero combatté una plurisecolare battaglia che si concluse con la già citata Presa di Costantinopoli.

Tuttavia l'Impero Bizantino ha lasciato un'importante eredità culturale, testimoniata non soltanto dalle vestigia degli edifici bizantini giunti fino a noi, o dai frutti dell'arte bizantina (soprattutto sacra), ma anche dalla forte impronta culturale-religiosa lasciata ad alcuni popoli slavi e non (vedi i Bulgari) dell'Est europeo (si pensi, a titolo d'esempio, al mito della Terza Roma perseguito dagli zar russi), e dalla stessa Chiesa ortodossa[5].
Storicamente, le Crociate furono una serie di campagne militari, bandite e avallate dal Papato, che si svolsero dall'XI al XIII secolo. In origine furono tentativi da parte della Chiesa Cattolica Romana di riconquistare la Terra Santa ai musulmani. Alcune vennero dirette contro altri cristiani, come la quarta crociata contro Costantinopoli e la crociata albigense contro i Catari della Francia Meridionale.

La crociata, quando viene rivolta contro i musulmani di Spagna, i pagani dell'Europa nord-orientale (Crociate del Nord), gli eretici della Linguadoca e gli avversari politici del Papato in Italia, è una semplice guerra investita di sacralità, per la quale il papato si serve appunto di un concetto che risulta efficace al fine di mobilitare grandi masse di fedeli, ma che porta anche alla degenerazione dello stesso concetto.

Nel tempo i crociati poterono beneficiare di una commutatio del loro voto fatto quando presero la croce, ossia anziché partire per la Terra Santa, essi poterono partecipare alle spedizioni militari che furono investite dei privilegi previsti per le Crociate nel Levante.

Dopo la definitiva conquista degli Stati crociati, il movimento crociato e l'ideologia religiosa che lo sosteneva non scemò immediatamente (ancora oggi è in uso il termine crociata per indicare una battaglia fatta in nome d'una ideologia o credo religioso). Al contrario, il movimento crociato sopravisse per tutta l'Età Moderna (si pensi alle guerre contro i Turchi o alle guerre di religione che si combatterono dopo la Riforma protestante), ma fu un'estinzione lenta e non fu dovuta al fallimento delle spedizioni "De recuperatione Terrae Sanctae" o al sorgere degli stati nazionali; esso scemò perché la teologia morale che lo sosteneva cominciò pian piano a metter in dubbio la liceità del ricorso della violenza. Inoltre, dal tardo XVI secolo al XVII secolo all'idea di guerra santa si sostituì quello di guerra giusta. Contemporaneamente, e sempre molto lentamente ma in maniera irreversibile, all'idea del Cristo schierato politicamente e quindi all'idea che si combatteva "perché lo vuole Dio", si sostituì un'idea di una divinità neutrale e disinteressata ai conflitti politici tra gli uomini. Nel XVIII secolo, con l'Illuminismo, si arrivò a considerare le Crociate come il frutto di un'epoca fanatica e superstiziosa [6].
Nel 710/711, dopo aver concluso la conquista del Maghreb, un corpo di spedizione arabo-berbero guidato da Tariq ibn Ziyad, governatore di Tangeri, superò il breve braccio di mare che divide l'Africa e la Penisola iberica. Il regno visigoto, che all'epoca occupava la penisola e parte della odierna Francia meridionale, fu nel giro di pochi mesi travolto dagli invasori musulmani. La Penisola iberica sottomessa ai maomettani divenne una provincia dell'Impero Arabo: al-Andalus.

Mentre gli Arabi organizzavano questo loro dominio occidentale, i cristiani, per conto loro, diedero vita a organismi politico-statuali; il maggiore, e più importante storicamente, fu il Regno delle Asturie. Di fatto questa monarchia fu quella che si accollò il peso maggiore della lotta contro i musulmani. I suoi regnanti ben presto assunsero l'onere e l'onore di raccogliere l'eredità visigota, in virtù della loro discendenza da don Pelayo, eroe di Covadonga e, pare, parente dei monarchi visigoti.

Lentamente, con alterne fortune, l'opera di riconquista procedette tra VIII e XI secolo (importanti, in tal senso, sono i regni di Ferdinando I e Alfonso VI di Castiglia). La Battaglia di Las Navas de Tolosa (1212) segna uno spartiacque nella storia della Reconquista: dopo questa brillante vittoria l'impero Almohade si disgregò in nuove taifas; le principali città more (Cordova, Siviglia e in genere tutta la valle del Guadalquivir) furono conquistate dai cristiani. Ciò che rimaneva del Bilad al-Andalus si riorganizzò attorno alla taifa di Granada.

Il Trecento iberico si caratterizzò da una battuta d'arresto del processo di riconquista cristiana. I motivi di ciò sono molteplici: con il Trattato d'Almizra (1244), solo la Castiglia restò l'unico regno interessato ad una espansione territoriale ai danni dei musulmani; questo regno è sconvolto da una guerra dinastica che portò al trono Enrico II di Trastamara (1369). La macchia d'illegittimità dei Trastamara pesò sui re di questo casato finché Enrico III l'Infermo sposò Eleonora di Lancaster nipote di Pietro il Crudele (fratellastro sconfitto da Enrico di Trastamara).

Sotto Enrico l'Infermo riprese la guerra con i musulmani battendoli a Collejares; i successori del sovrano si dimostrarono troppo deboli e poco interessati alla Reconquista. Il primo Quattrocento castigliano da questo punto di vista non segnò grandi novità, anzi per la debolezza politica dei re si assistette a frequenti atti d'insubordinazione dei nobili Castigliani.

Per una decisa ripresa della secolare guerra all'occupazione islamica si dovette attendere la salita al trono d'Isabella la Cattolica. Le sue armate, congiuntamente con quelle del marito Ferdinando il Cattolico, il 2 gennaio 1492 entrarono a Granada dopo un lungo assedio. Questo atto segnò la fine della Reconquista ma anche l'inizio di un'epoca caratterizzata dall'intolleranza religiosa (nello stesso giorno in cui entrarono a Granada i Re Cattolici firmarono il decreto d'espulsione degli Ebrei dalla Spagna)[7].

La vita cittadina in Europa raggiunse il suo apogeo tra il XIII e la prima metà del XIV secolo. In particolare le città italiane riuscirono ad avere il primato nel settore manifatturiero e in particolare nel commercio. Il grande slancio economico si tradusse anche nella reintroduzione in Europa della moneta aurea.

L'Italia fu una delle zone di maggiore fioritura economica, culturale ed artistica, sebbene da un punto di vista politico ci fu un continuo stato di lotta, interna ed esterna. I problemi tra papato e impero al tempo di Federico I e soprattutto di Federico II divisero i comuni italiani in guelfi e ghibellini, due fazioni nelle quali confluivano tutta una serie di scelte politiche locali (spesso si diventava guelfi o ghibellini in funzione di lotta ai propri avversari che appartenevano alla fazione opposta) che solo a livello teorico venivano ricollegati alle lotte sovranazionali tra papato e impero. Molti storici hanno sottolineato come dietro l'alibi di "guelfismo" e "ghibellinismo" si nascondesse un'insanabile spirale di violenza e vendetta.

A causa di questa elevata conflittualità si diffuse il sistema podestarile al posto di quello consolare, con la differenza che il podestà era un forestiero, quindi al di fuori delle lotte interne cittadine e teoricamente in grado di mediare tra le fazioni. Nel corso del secolo XII si erano andati formando nuovi ceti, che inizialmente venivano tenuti fuori dalla vita politica in quanto non "aristocratici". La "gente nova" (per citare la stessa espressione usata da Dante Alighieri) erano signori del contado inurbati in città, arricchiti dalla richiesta di derrate alimentari causata dalla crescita demografica, i banchieri, i mercanti, i professionisti di arti liberali (giuristi e medici), gli artigiani e, nelle città di mare, gli armatori che si erano arricchiti con i commerci con gli stati crociati.
Questi ceti emergenti si riunirono in corporazioni di arti e mestieri che tutelavano i loro interessi, controllavano la qualità dei prodotti, i prezzi e la formazione dei nuovi addetti. Queste "Arti" già a partire dalla prima metà del XIII secolo iniziarono ad avere un potere politico sempre più rilevante, con la costituzione dei cosiddetti "Popoli" (dal nome del ceto populares in antitesi a quello dei potentes, gli aristocratici di origine feudale), con a capo il capitano del Popolo. Verso la fine del XIII secolo un po' dappertutto il ceto dei magnati venne cacciato, almeno formalmente, dal governo cittadino, talvolta con vere e proprie leggi antimagnatizie. I rapporti tra magnati e popolani furono spesso conflittuali, ma si assisteva anche ad alleanze reciproche, spesso matrimoniali, che fondevano le famiglie più ricche a quelle più nobili, portando vantaggi reciproci e permettendo di eludere la legislazione anti-popolana (prima) ed anti-magnatizia (poi).

A partire dal Trecento infatti la distinzione tra Popolo e nobili divenne sempre meno rintracciabile, per la fusione dei due ceti, nascendo così un "Popolo Grasso", di cittadini abbienti e potenti, contrapposto al "Popolo Magro", un ceto medio di attività soprattutto artigianali. Esisteva poi il ceto più basso il "Popolo minuto", dei salariati e dei piccolissimi commercianti che non aveva nessuna rappresentanza politica e che iniziò a farsi sentire solo dopo il brusco peggioramento delle condizioni di vita dopo la crisi del XIV secolo. Durante i periodi di crisi si iniziò ad appoggiarsi su un unico personaggio, magari esterno alla città, che tenesse la "balìa", ovvero il potere assoluto, in un momento di crisi. Questi "signori" permisero di superare alcune impasse politiche, ma spesso essi cercarono di consolidare il loro potere e magari trasformarlo in ereditario: fu la nascita delle signorie dal 1240 in poi (Torriani e poi Visconti a Milano, Gonzaga a Mantova, Este a Ferrara, Scaligeri a Verona, da Carrara a Padova, Ordelaffi a Forlì, Malatesta a Rimini, da Polenta a Ravenna, da Montefeltro a Urbino, Da Varano a Camerino, ecc.). Questo accadde con tempi molto più lunghi o non accadde mai nelle città marinare o in Toscana, dove i ceti imprenditoriali erano più attivi e forti e riuscirono a impedire che un gruppo primeggiasse.

A Chartres nacque nel XII secolo una scuola cattedrale dove per la prima volta si iniziò a guardare allo studio della natura, delle scienze (fino ad allora considerate secondarie, se non dannose) e, senza tralasciare lo studio delle Scritture e il culto per le auctoritates, ci si ispirava alla tradizione neoplatonica. Questo rinnovamento, dovuto a varie ragioni tra cui i rinnovati contatti col colto Oriente e lo slancio della vita cittadina che poneva nuove esigenze e problemi, fu alla base della convinzione che la scienza moderna potesse superare quella antica, non tanto perché migliore, ma perché suscettibile di ampliarsi ed approfondirsi, mediante la critica, e quindi di procedere, anziché cristallizzarsi nei tradizionali commenti sterili.

Andava nascendo un nuovo approccio allo studio, quello della logica, che offriva un metodo innovativo con in quale affrontare lo scibile: invece di commentare letteralmente le Sacre Scritture si andava alla ricerca dei criteri per poter comprendere, al di là della fede, quello che era giusto e quello che non lo era. Il fondatore di questa scuola di pensiero viene considerato Pietro Abelardo, con il suo Sic et Non, che venne tuttavia duramente avversato dai tradizionalisti. Ma la sua eredità fu raccolta dal monaco camaldolese Graziano, che redasse una raccolta completa di diritto canonico (il Decretum), servendosi proprio della logica abelardiana; da allora la logica fu alla base del rinnovamento nella teologia e filosofia che va sotto il nome di scolastica. I grandi maestri della scolastica furono Alberto Magno, Tommaso d'Aquino e Duns Scoto, che applicarono il metodo abelardiano, arricchito anche dalle traduzioni di Averroè che permise la riscoperta di Aristotele in Occidente, alla ricerca teologica, indagata come una vera e propria scienza, usando quindi le facoltà intellettuali umane.
Il rinnovamento culturale dei secoli XII e XIII non si può comprendere appieno senza ricordare le modifiche apportate al sistema educativo. Nelle città fu possibile aumentare il livello di istruzione generale, con le necessità di leggere, scrivere e far di conto ormai imprescindibili per le attività mercantili. Si sviluppò così una sorta di scuola primaria privata, alla quale poteva seguire la scuola d'abaco, dove si insegnavano ai ragazzi più grandi nozioni di matematica e di ragioneria.

Per quanto riguarda il livello superiore di istruzione, nel XIII secolo alle scuole cattedrali si affiancarono le università, che nacquero come associazioni private di studenti, che subito mirarono a un riconoscimento ufficiale e alla concessione di benefici di carattere giuridico e economico. Un precedente per le università fu la scuola medica salernitana, dove si studiavano la medicina e la filosofia, traducendo testi dal greco e dall'arabo. Le prime sedi universitarie nacquero collegate alle scuole cattedrali o in maniera autonoma in un po' tutta Europa. La prima fu Bologna, alla fine del XII secolo, seguita da Parigi all'inizio del XIII secolo e diverse altre nel corso del secolo. Il centro di maggior fervore culturale era Parigi, ma la più antica documentazione di un'università si ha per Bologna (1088), dove si istituzionalizzò una scuola di diritto gestita da laici già esistente. Seguirono a breve distanza Padova (1222), Napoli (1224) e, al di fuori dell'Italia Oxford, Cambridge, Salamanca (1218) e la stessa Parigi. Nel XIV secolo le istituzioni universitarie fecero la loro comparsa in Germania e nell'Europa centro-orientale con Praga (1348), Vienna (1365), Heidelberg (1382) e Colonia (1388). Dovettero attendere il secolo successivo i paesi scandinavi (Uppsala nel 1477 e Copenhagen nel 1479).

Le università posero la richiesta di testi per lo studio a buon prezzo, cosa impensabile per i preziosi e lunghi da realizzare codici in pergamena. Per questo si diffusero le peciae, ovvero dei fascicoli venduti da appositi librai (gli stationarii), dove comparì la carta, materiale più economico la cui tecnica di produzione fu portata in Occidente dagli arabi, che l'avevano appresa dai cinesi.
La rinascita scientifica [modifica]
Una pagina del Liber abaci (MS Biblioteca Nazionale di Firenze, Codice Magliabechiano cs cI 2616, fol. 124r)

Grazie ai rinnovati contatti col mondo bizantino e islamico si ebbe un rifiorire del sapere scientifico in Europa, che era caduto nell'oblio. A metà del XII secolo una équipe di dotti guidati da Pietro il Venerabile, abate di Cluny tradusse il Corano. Verso il 1187 iniziò a circolare Aristotele, grazie alla singolare figura di Gerardo da Cremona, che aveva imparato l'arabo a Toledo per poter tradurre una grande quantità di trattati là presenti. I testi latini e greci, filtrati dal mondo arabo, contenevano anche cognizioni provenienti da Persia, India e perfino (in maniera mediata) Cina, soprattutto riguardo alla medicina, all'astronomia ed alla matematica.

Arrivarono anche discipline orientali che, sebbene avessero interessato il mondo ellenistico e tardo-antico, erano ormai sconosciute in occidente, come l'astrologia, che studiava le intelligenze spirituali che soprintendevano agli astri e, per analogia, ai componenti dell'essere umano, e la magia, che ebbe un più tardo sviluppo nel Rinascimento. La Chiesa condannava queste pseudo-scienze poiché esse investigavano le intelligenze cosmiche che venivano assimilate agli angeli ribelli, cioè ai demoni.

La conquista più duratura di quel periodo storico fu l'introduzione dei numeri arabi posizionali e dello zero, entrambe scoperte di origine indiana. Questo nuovo sistema di numerazione fu introdotto in Occidente dal pisano Leonardo Fibonacci, con il Liber abaci del 1202. Il suo però non poteva ancora essere un interesse scientifico puro: era un figlio del suo tempo e piegava le conquiste matematiche e geometriche a situazioni pratiche, del commercio, del cambio, della compravendita.
La rivoluzione culturale [modifica]
Una pagina del Il Tesoretto di Brunetto Latini, libro I

Nelle città del tardo Medioevo si andava sviluppando una cultura "laica", determinata dalla grande sete di risposte a questioni pratiche e concrete, in campo sociale, economico e politico. Senza metter in discussione la fede o l'importanza della teologia o del latino, i ceti dirigenti cittadini amavano la cultura detta "cortese", con i poemi epici, le poesie finemente erotiche, i romanzi cavallereschi. In zone come la Toscana, le signorie venete e romagnole o le corti sicule di Federico II o catalane di Alfonso X il Saggio si erano creati dei circoli poetici, derivati dalle composizioni provenzali dei trovatori, dove nacquero talvolta anche forme espressive nuove, come il dolce stil novo.

Nel corso del Duecento inoltre si diffuse in Italia l'uso del volgare, adoperato in poesia sin dal Cantico delle creature di san Francesco, datato 1224. Il volgare era l'espressione di un ceto emergente di banchieri, mercanti, imprenditori, ecc., che guardavano con diffidenza ai lunghi tempi necessari per apprendere il latino ed alle materie più astratte.

La richiesta di sapere scientifico alla portata del cittadino medio fece nascere i sunti o le "volgarizzazioni" di opere e trattati di scienze e altro, come il Trésor di Brunetto Latini, le Composizioni dal mondo di Ristoro d'Arezzo, l'Acerba di Cecco d'Ascoli, i Documenti d'Amore di Francesco da Barberino o il Convivio di Dante Alighieri.

Nel XII secolo nacque anche l'uso di registrare cronache cittadine e anche familiari, che fissavano la memoria storica in maniera più agevole e più snella dell'antica cronachistica ecumenica in latino.

Tra Duecento e Quattrocento si arrivò quindi, almeno in Italia, ad avere un ceto medio largamente alfabetizzato, capace di scrivere e talvolta anche comporre opere letterarie. Per riottenere un condizione simile si dovrà aspettare fino alla fine del XVIII o l'inizio del XIX secolo.
La rivoluzione commerciale [modifica]
Zecchino di Ludovico Manin, ultimo doge di Venezia
Fiorino del 1332-1348

Dal Duecento la bilancia commerciale tra Oriente o Occidente divenne positiva per il secondo dopo secoli di assoluto predominio commerciale dell'Europa sud-orientale. La larga circolazione di merci anche non preziose permise un vorticoso impennarsi degli scambi economici e l'aumento di ricchezza. Merci orientali e occidentali, nordiche e mediterranee circolavano velocemente via mare e via terre, ed assieme ad esse si spostavano gli uomini e i capitali. I mercanti seppero presto dotarsi di strumenti giuridici e tecnologici in grado di soddisfare la domanda crescente di loro: nacquero nuovi tipi di contratto commerciale, più flessibili e omologati dappertutto; nacquero le società di persone e di capitali, le compagnie commerciali (a scadenza annuale, rinnovabili) e le commende (tra imprenditori con capitali e commercianti che li facevano fruttare). Nacquero le prime banche in senso moderno (in grado di far fruttare i capitali) e le prime forme di assicurazione. Per evitare di trasportare fisicamente il denaro nacquero strumenti creditizi che permettevano la riscossione di somme precedentemente versate in altre città mostrando lettere bollate della banca. L'attività bancaria prosperò nonostante i divieti ecclesiastici di guadagnare denaro "dal denaro".

Dal XII secolo alcune città italiane avevano ricevuto l'autorizzazione imperiale di battere il "denaro", la moneta argentea carolingia (Pavia, Cremona, Piacenza, Milano, Lucca e Pisa), anche questa valuta tendeva a svalutarsi col tempo. Il miglioramento economico stimolò il conio di monete più pregiate, con un maggiore contenuto argenteo, detti "grossi" o "bianchi". La moneta aurea fece la sua ricomparsa in Europa occidentale nella seconda metà del Duecento in alcune città italiane, se si escludono alcune coniazioni di breve durata come l'augustale di Federico II, l'écu di Luigi IX di Francia o il genoino di Genova.

Nel 1252 Firenze coniò il fiorino e nel 1284 Venezia il ducato o zecchino: queste due monete, dal quantitativo aureo straordinariamente stabile, divennero i mezzi principali dei grandi scambi internazionali.

Un'altra novità del Medioevo fu la nascita delle "compagnie", società mercantili-imprenditoriali che sostituirono il commercio un tempo basato sui mercanti itineranti. Le compagnie avevano succursali nelle più importanti piazzeforti ed erano organizzate in maniera tale da poter far muovere merci e capitali senza bisogno di far muovere i suoi dirigenti (che così non dovevano vagare, ma anzi restavano ben ancorati alle città dove iniziavano ad avere un peso anche politico, oltre che economico) né il denaro, che grazie alle lettere di cambio si poteva riscuotere in qualsiasi filiale della compagnia. Un esempio tardo ma efficace di come funzionassero queste specie di "holding" può essere offerto dalla compagnia fiorentina dei Bardi, che nel 1336 ricevette dalla filiale di Avignone l'incarico da parte di papa Benedetto XII di inviare agli armeni, assaliti dalle popolazioni turche, il corrispettivo di diecimila fiorini d'oro in grano: detto fatto, il 10 aprile, arrivò l'ordine, poche settimane dopo gli agenti italiani dei Bardi comprarono il grano sulle piazze di Napoli e Bari tramite le loro filiali e prima della fine del mese navi cariche delle vettovaglie erano già salpate verso il Mar Nero[8].

Le merci che attraversavano le vie del Medioevo erano essenzialmente divise in "sottili", più pregiate e costose come metalli preziosi, spezie e tessuti di lusso, o "grosse" (legname, sale, allume, ecc.).

Oltre all'Italia, l'altra grande zona commerciale europea era l'area del Mar Baltico e il Mare del Nord, con le attivissime città portuali anseatiche. Il punto di incontro tra le merci italiane e nordiche era soprattutto il porto di Bruges. Altre zone, come l'Inghilterra o il regno di Napoli, ebbero un ruolo più passivo nello sviluppo economico, venendo monopolizzate da mercanti stranieri che le spogliavano delle materie prime sottocosto e vi rivendevano a prezzi molto alti i prodotti finiti.
Le novità nella produzione [modifica]
Telaio a pedale

Ma anche il settore produttivo venne rivoluzionato, con una passaggio da un sistema artigianale (dove si produceva su richiesta) a un sistema manifatturiero (dove si produceva per vendere) che ebbe luogo tra l'XI e il XIII secolo, con variazioni da luogo a luogo e da merce a merce. La filiera di produzione dei tessuti e del cuoio produsse la necessità di ricorrere ai ceti subalterni per alcune procedure particolarmente malsane, creando per la prima volta il problema dei rapporti con questi ceti e dell'inquinamento. Spesso nelle città si creò un sistema di manifattura diffusa, con le varie fasi della lavorazione delle stoffe affidate a vari lavoratori specializzati. Tra questi i tintori emersero perché lavoravano strumenti complessi e materie prime costose.

Notevoli furono le innovazioni tecnologiche, tra le quali il filatoio a mano, il telaio orizzontale e la gualchiera, ma anche la riscoperta del vetro e la rinnovata produzione ceramica grazie alla ruota a pedale.

La produzione di armi raggiunse l'apice in zone minerarie come la Germania renana, ma anche la Lombardia, mentre nel mondo musulmano si importavano sia spade "franche", che metalli grezzi lavorati poi in Spagna o in Siria. La lavorazione dei metalli fece grandi progressi, con forni più efficienti che permisero la lavorazione dell'acciaio e le opere di grandi dimensioni quali le campane o le canne d'organo.
Il Medioevo delle cattedrali [modifica]
Il Duomo di Pisa
Il coro della Cattedrale di Notre-Dame di Parigi
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi le voci architettura romanica e architettura gotica.
« Allora il mondo si scosse la polvere dalle sue vecchie vesti e la terra si ricoprì di un candido manto di chiese »

(Rodolfo il Glabro, monaco di Saint-Bénigne a Digione, a proposito dell'arrivo del nuovo millennio.)
La cattedrale di Trani, romanico pugliese

Il progresso nella società si accompagnò anche a un rinnovamento artistico ed a un rinnovato slancio architettonico verso edifici di grandi dimensioni, soprattutto edifici religiosi: era infatti dall'epoca romana che in Europa occidentale non si costruivano opere monumentali su larga scala e diffusamente.

Tra XI e XII secolo si diffuse lo stile "romanico" (termine coniato solo nel XIX secolo), caratterizzato da una ritrovata monumentalità e da una maggiore complessità negli edifici. Esso assorbì, da regione a regione, le più svariate influenze (arabe, paleocristiane, classiche, bizantine...), con alcune caratteristiche comuni come l'uso diffuso (ma non esclusivo, perché restò a lungo l'alternativa delle capriate) di volte a botte e volte a crociera, le spesse murature, le complesse forme, l'uso di apparati scultorei per decorare.

L'edificio simbolo di questa epoca fu la cattedrale, che iniziò a simboleggiare la ricchezza e il prestigio dell'intera comunità cittadina, con gare tra città vicine per avere l'edificio più grande, bello e maestoso. Già dalla metà del XII secolo si diffuse in Francia un nuovo stile, detto poi gotico (un termine coniato nel Rinascimento con risvolti negativi), che gradualmente conquistò tutta l'Europa. L'architettura gotica fu rivoluzionaria per il modo innovativo di concepire la struttura degli edifici: il peso non veniva più sorretto dalle pesanti pareti, ma da una serie di elementi (colonne, archi, volte, contrafforti, pinnacoli, ecc.) che permettevano di svuotare le pareti riempiendole di grandi e luminose vetrate, e di raggiungere altezze in verticale inimmaginabili. Grandi diffusori del gotico furono i cistercensi, che lo portarono in Italia dove però non ebbe mai una forte presa, almeno secondo le forme transalpine, che vennero mediate in edifici più legati alla tradizione romanica. Durante il XIII secolo gli ordini mendicanti furono responsabili del rinnovamento artistico. Davanti alle loro chiese nacquero vaste piazze per accogliere la popolazione che attendeva con trepidazione gli infuocati sermoni; inoltre iniziò l'uso di dare cappelle a famiglie e personalità, affinché con la creazione di abbellimenti essi potessero espiare i propri peccati.

Ma l'edilizia non riguardò solo le chiese, anzi con l'affermazione dei Comuni i ceti dirigenti locali spesso si affidarono all'architettura per dimostrare, anche visualmente, il loro potere e prestigio. I vari palazzi comunali o del podestà erano nelle città italiane il polo laico, complementare a quello religioso; questi palazzi dovevano superare in altezza e in bellezza tutte le altre architetture laiche della città. Entro il XIV secolo molte città avevano provveduto a cingersi di almeno una nuova cerchia di mura (rispetto alle mura romane che spesso erano state continuativamente usate) che inglobasse le zone esterne ormai densamente popolate per l'arrivo ingente di immigrati dalle campagne.

Da un punto di vista urbanistico gli ampliamenti delle città e le nuove fondazioni seguivano un andamento casuale, ben riconoscibile tutt'oggi nelle piante di molte città, anche perché opposto al reticolo regolare di quei nuclei più antichi di epoca romana. Una delle eccezioni fu Firenze, dove ad Arnolfo di Cambio è tradizionalmente attribuito un progetto urbanistico con la riorganizzazione delle piazze e il tracciato di nuove strade rettilinee che vennero inglobate nella nuova cinta muraria, triplicata rispetto alla precedente in area racchiusa.
I contatti tra Asia e Europa nel Medioevo [modifica]
Spezie indiane

Fino al XIII secolo l'Asia "profonda", ovvero tutto ciò che stava al di là del Vicino e di gran parte del Medio Oriente, fu per l'Europa un oggetto sconosciuto, trattato solo nelle leggende geografiche, nonostante i numerosi e secolari traffici di lungo raggio che da India, Cina e persino Giappone facevano giungere in Europa merci preziose e ricercatissime. Le rotte carovaniere della "via dell'incenso" o della "via della seta" si basavano infatti sugli scambi da carovaniere a carovaniere su brevi tratte, con numerosi passaggi prima di arrivare a destinazione: i convogli viaggiavano poco, ma le merci, e con esse le idee e i culti, facevano invece lunghi tragitti. Fondamentale era la mediazione dei musulmani, in particolare delle metropoli arabo-iraniche (Shiraz, Isfahan, Baghdad) e delle oasi turkmene. Inoltre molte merci arrivavano via mare alla penisola arabica tramite il Golfo Persico, grazie ai venti periodici dei monsoni.

Dalla Malesia, da Sumatra e dalla Corea provenivano oro e argento; da Ceylon e dall'India arrivavano le preziose spezie (pepe, chiodi di garofano, noce moscata e cinnamomo), indispensabili per la cucina e la conservazione degli alimenti, il sandalo, il bambù, l'albero della canfora, le essenze profumate (muschio, incenso, ecc.) e infine le pietre preziose; da Cina e Giappone arrivavano stoffe preziose e suppellettili in porcellana; altre derrate di minor pregio, ma scambiate in maggiori quantità, erano il riso, lo zucchero di canna e i cereali, le quali viaggiavano di solito per mare,

Tra le leggende medievali sui luoghi di origine delle merci più pregiate, circolavano quelle che parlavano di un Paradiso terrestre in estremo oriente oltre leggende arabe o bizantine, molte delle quali sono confluite in raccolte come le Mille e una notte. Tra i luoghi più prodigiosi descritti c'era il Monte della Calamita, che attirava nell'Oceano Indiano tutti i metalli, per cui rendeva necessario per quelle misteriose popolazioni costruire navi senza chiodi; oppure si descrivevano popolazioni fantastiche come i cinocefali (dalla testa canina), gli sciapodi (con un unico piede), i blemmi (con la faccia sul ventre), eccetera. Un esempio della fascinazione esercitata da queste zone fu la misteriosa lettera del Prete Gianni, che arrivò a metà del Duecento a papa Alessandro III tramite l'imperatore bizantino, nella quale si descriveva un favoloso regno cristiano, con alcuni spunti storici reali, quali la presenza di comunità nestoriane, che effettivamente esistevano sulla "via della seta" tra Iran e Cina, o la realtà di regni turco-mongoli in Asia centrale.
Da "secoli bui" a fenomeno di costume [modifica]
Una donna in abiti medioevali durante una rievocazione storica al Ricetto di Candelo (BI)

Il nome stesso del "Medioevo", inteso come età di mezzo, fase di transizione tra due stadi, implica già una visione negativa, che affonda le sue radici nel giudizio che ne diedero gli umanisti, già a partire dal Petrarca nel XIV secolo.

Vi era una volontà di descrivere come avvilente e pericolosa la quotidianità nell'età storica appena trascorsa, influenzati dalle recenti carestie e dall'arresto demografico dovuto alle epidemie. In realtà è storicamente accertato come, soprattutto dopo l'anno Mille, non mancarono importanti innovazioni e conquiste.

Nei secoli XVI e XVII la visione negativa del Medioevo continuò, per raggiungere il suo culmine nell'epoca dell'Illuminismo, quando prevaleva la visione dei secoli del Medioevo come epoca della "prigionia dello spirito", intesa come fanatismo religioso che relegava l'uso della ragione e dell'arbitrio. I caratteri di rozzezza e oscurità davano però una visione deformata e semplificata, che ancora oggi non è definitivamente tramontata. I mille anni di Medioevo, così ricchi di eventi e trasformazioni, hanno continuato ad essere riproposti come tenebra, barbarie, violenza, perdita d'identità, sterilità e carestia.

Per quanto numerosi si possano elencare i lati negativi attribuibili al Medioevo, limitandosi a quelli non fondati su chiacchiere o supposizioni, ma dimostrabili dalla schiettezza di certe fonti storiografiche, non si può davvero accettare che tali aspetti negativi vengano assunti a linee guida per la descrizione della realtà plurisecolare dell'Europa medievale e dei gruppi umani limitrofi.

Il Medioevo, dal canto suo, è riuscito nell'impresa che era fallita nell'epoca antica, quella cioè di fondere il mondo latino-romano con quello germanico creando per la prima volta uno spirito propriamente europeo accomunato dalla comune religione. Chiaramente questa fusione fu alquanto instabile e ci vollero secoli prima di un equilibrio. Un equilibrio che però portò, sempre in età medievale, ad apici di cultura e spiritualità altissimi. Basti pensare, non solo alle innovazioni tecnologiche, ma alla fioritura delle università come luoghi non solo di diffusione, ma di ricerca del sapere. Della capacità tecnica medioevale sono testimoni sia le opere edilizie come le cattedrali sia il fatto che anche in città medio-piccole si svolsero ad esempio importanti lavori di ingegneria idraulica, come nella Forlì dell'XI secolo.

La cultura non era, a dire il vero, scomparsa neppure nei secoli più travagliati. Prima con i monasteri cluniacensi, poi con quelli cistercensi, la cultura era stata gelosamente custodita dai monaci e dalle diocesi della Chiesa. A sfatare la diceria illuminista di un Medioevo come età oscura e oscurantista c'è da ricordare che i monasteri medievali (oltre alle università più tardi) si impegnarono a custodire il sapere di ogni tipo, dalla letteratura pagana (classici greci e latini) ai testi arabi di filosofia, matematica e medicina. È anche grazie alla lungimiranza dei medievali che sono potuti fiorire i secoli dell'età moderna, che non hanno forse saputo ringraziare a sufficienza i loro predecessori.

Lo studio del Medioevo ebbe una rivalutazione molto forte durante il periodo del romanticismo, anche se non fu certo una rivalutazione "filologica", ma piuttosto una distorsione in chiave contemporanea di un'idea di Medioevo. In particolare interessavano aspetti legati alla fede, alla purezza, all'etica cavalleresca e soprattutto legati alla nascita delle nazioni e delle indipendenze comunali, che venivano usate come fondamento delle rivendicazioni indipendentiste dei movimenti rivoluzionari.

Per esempio gli storiografi francesi vi potevano leggere le fondazioni delle proprie forme di governo, attraverso la prima trasformazione politico-sociale del territorio francese che innescò il lungo processo che dai Merovingi porta, attraverso assetti di governo sempre più evoluti, fino all'attuale Repubblica. Correnti tipicamente ottocentesche sono l'architettura neogotica, il romanzo storico di ambientazione medievale, la pittura di soggetti del passato.

Anche oggi, per il Medioevo come per qualsiasi altra epoca storica, gli studi storici non possono essere immuni dalle deformazioni del proprio modo di pensare e delle influenze della società contemporanea. Per esempio negli anni sessanta e settanta del Novecento alcuni avvenimenti del Medioevo venivano di volta in volta selezionati da studiosi politicizzati: un Medioevo "di destra", legato al reazionarismo, e un Medioevo "di sinistra", legato per esempio alle prime lotte di classe (come il tumulto dei Ciompi).

Grande importanza nella nostra società ha il cosiddetto medievalismo, riassumibile nella suggestione legata al Medioevo che porta a creare nuove opere derivate o ambientate nel Medioevo: si pensi al successo duraturo di saghe come quella de Il Signore degli Anelli di Tolkien, alle sagre di ispirazione medievale o ai numerosi film storici su questa epoca. Il medievalismo, fino a poco tempo fa snobbato dalla storiografia accademica, ha iniziato ad essere preso in considerazione (si pensi per esempio alla pubblicazione di riviste sul Medioevo con un approccio divulgativo, curate da studiosi).

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