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| La          povera Maria è crivellata di ferite e perde abbondantemente sangue. Sembra          già cadavere. Invece sopravvivrà ancora altre ventiquattro ore. Un vero          miracolo! Certamente la Provvidenza lo ha permesso, perché si potessero          raccogliere notizie sicure sul suo martirio. Intanto          i Cimarelli si prodigano con ammirabile sollecitudine per prestarle soccorso.          Antonio e Teresa restano accanto ai Goretti; Domenico corre a Conca per          narrare l'accaduto al Mazzoleni; Mario invece va a Nettuno per avvertire          i Carabinieri e per chiamare il medico condotto Bartoli. Il           Serenelli viene tradotto dai Carabinieri alla caserma di Nettuno.          Maria è trasportata in autoambulanza all’ospedale dei Fatebenefratelli          della stessa città. L’accompagna la mamma. Il viaggio è un vero calvario.          E stato loro proibito di parlare. Tuttavia la sventurata madre, intuendo          le sofferenze della figlia, non può fare a meno di domandarle: «Ci stai          male, figlia?». La fanciulla, per non rattristarla di più, risponde di          no, però poco dopo domanda a sua volta: "Mamma,  ci sta molto per arrivare?". "Ed io narrerà poi Assunta le assicurai          che c'era poco". All’ospedale          arrivano alle venti. I medici disperano di salvare la ragazza, ma decidono          di tentare operandola. In pochi istanti ella si confessa e va sotto i          ferri. L’operazione dura due ore ed è dolorosissima, perché non è possibile          addormentarla. Terminato l’intervento, è concesso alla mamma di avvicinarla.          «Appena mi vide - riferirà poi Assunta - mi chiamò con accento espressivo          “Mamma!”. Io, avvicinandomi al suo lettino, le chiesi come stesse ed essa          mi rispose “Bene, mamma”. Poi volle notizie dei fratellini e delle sorelline          e mi domandò se sarei restata con lei la notte. Avendole risposto che          il dottore non lo permetteva, mi disse: “E dove vai tu a dormire?”. Io          la rassicurai. Più tardi mi pregò: “Mamma, mi dai una goccia di acqua?”.          Le risposi che il medico lo aveva proibito; si rassegnò ed ella per venti          ore soffrì l’orribile spasimo della sete. La lasciai che era quasi mezzanotte...          La mattina, prima dell’orario, potei entrare all’ospedale e, rivedendola,          le domandai come stesse. Con voce più fioca che nella sera precedente          mi rispose che stava bene. Mi chiese inoltre dove avessi passato la notte.          Più volte nella giornata mi domandò dei fratellini, che essa desiderava          rivedere. Con me c'erano ad assisterla un'infermiera e due Suore dei Poveri.          Verso le dieci venne il dottore per curarla. Nel frattempo arrivarono          anche i Carabinieri per sottoporla all'interrogatorio". Intanto          le vengono suggerite delle giaculatone ed ella le ripete con fervore.          Bacia più volte il Crocefisso e l'immagine di Maria Santissima. L'Arciprete          di Nettuno, Mons. Temistocle Signori, nota in lei un sensibile peggioramento          e pensa di amministrarle il Viatico. Per disporla, le parla del perdono,          concesso da Gesù ai suoi carnefici. Poi le domanda: "Maria, volete          perdonare anche voi al vostro uccisore?'. Ella prontamente risponde: "Sì,          per amore di Gesù, gli perdono e voglio che venga in paradiso con me".          Fatta la Comunione, china il capo sul petto e rimane a lungo raccolta,          in intimo colloquio con il suo Gesù. Riceve anche l'Estrema Unzione. Il          Cappellano dell'ospedale le propone di iscriversi all'associazione delle          Figlie di Maria ed ella si dichiara felice di poterlo fare. Le viene posta          al collo la Medaglia benedetta e la fanciulla non finisce più di baciarla. Su          proposta dei Carabinieri, la mamma le chiede se il Serenelli l'avesse          infastidita anche altre volte ed ella rivela come circa un mese prima          il giovane avesse tentato due volte di farle violenza. Allora Assunta,          turbata e rattristata, esclama: "Amore mio, perché non me lo hai          detto, che almeno non facevi questa morte?". E Maria, scusandosi,          risponde: "Mamma, egli giurò che, se l'avessi detto, mi avrebbe ammazzata...          intanto mi ha ammazzata lo stesso". | ||
|  Le          condizioni della fanciulla si aggravano rapidamente di ora in ora, sia          per le emorragie subite, che per la peritonite settica prodotta dalle          ferite all'addome. E debolissima e cade spesso in delirio. Si vede talvolta          sotto la minaccia del pugnale e grida: "Che fai, Alessandro? Tu vai          all'inferno. È peccato, è peccato". Talvolta invece si crede stesa          sul pavimento e supplica: 'Portami a letto; voglio stare più vicino alla          Madonna". Allude alla cara immagine, che tiene appesa sul suo capezzale.          In un momento di lucidità invoca: "Mamma, babbo". Assunta abbassa          lo sguardo dolorante ed ella, temendo di averle recato dispiacere con          il ricordo del padre defunto, le dice: "Perdonami, mamma". Allora          la mamma, quasi porgendole l'estremo addio, dolcemente le sussurra: "Marietta,          prega per noi... perdona tutti... raccomandati al Signore". Si baciano. Il          delirio si fa più frequente. Ad un tratto esclama: "Che bella Signora!".          E come se notasse della incredulità nei presenti, aggiunge: "Possibile          che non la vedete? Guardate! E tanto bella, piena di luce e di fiori".          Infine si fa preoccupata in volto e, quasi per chiedere aiuto, invoca:          "Teresa!" e si abbatte sui cuscini. Il suo calvario è finito.          Sono le 15,45 del 6 luglio 1902. Assunta          col cuore stretto in una morsa di dolore torna in famiglia. Racconterà          più tardi: "A sera inoltrata io ritornai a Ferriere dai miei figliuoli,          che si trovavano in casa Cimarelli, dove rimasi, senza mettere più il          piede nell'abitazione di prima, fino a quando non mi trasferii definitivamente          a Corinaldo". | ||
| Non          appena Maria ebbe chiuso gli occhi alla luce del sole, ci fu nel popolo          una esplosione di entusiasmo: "E morta una santa", "Marietta          è una martire", "Coraggio, Assunta, vostra figlia è già in cielo".  I          funerali furono una vera apoteosi. Vi partecipò una folla immensa con          associazioni e autorità venute anche da Roma. L'Arciprete Mons. Temistocle          Signori tessé l'elogio della piccola martire in due commoventi discorsi.          La Tribuna del 7 luglio ne fece conoscere all'Italia intera la tragica          fine, mentre il Messaggero del giorno successivo ne mise in risalto l'incomparabile          eroismo. Due          anni dopo, nel 1904, per iniziativa del giornale romano "La vera          Roma", le fu eretto, in Nettuno, il primo monumento marmoreo. Nello          stesso anno l'avv. Carlo Marini ne pubblicò la prima biografia. Intanto          la fama del suo martirio andava crescendo di giorno in giorno e la sua          tomba diveniva mela di numerosi pellegrini.Nel luglio del 1929, presenti          la mamma ed altri parenti, il corpo della Santa fu traslato al santuario          della Madonna delle Grazie in Nettuno coll 'intervento di una folla imponentissima.          in quella circostanza Mamma Assunta ne fece dono ai Padri Passionisti          perché lo conservassero, curando contemporaneamente la glorificazione          della martire nella Chiesa. Fu composto in uno stupendo monumento marmoreo.          opera dello scultore Zaccagnini. Lo visitarono innumerevoli personaggi          anche prima del trasloco; tra gli altri: Mons. Achille Ratti (il futuro          Pio XI) prima di partire Nunzio in Polola Signorina Armida Barelli, circa          1.800 Padri del Concilio Vaticano Il e Paolo VI il 14  settembre          1969. Nel          1935 la diocesi di Albano, da cui dipendeva la città di Nettuno, chiese          ed ottenne di poter iniziare il processo informativo per la causa di Beatificazione.          Il 6 giugno 1938 uscì il decreto di introduzione della causa stessa presso          la S. Congregazione dei Riti. Postulatore ne fu il P. Mauro dell'Immacolata,          passionista. Il 4 giugno 1939 si procedette alla ricognizione del corpo.          Finalmente, il 27 aprile 1947, Maria Goretti, con dispensa dai miracoli,          fu solennemente beatificata in S. Pietro a Roma da S.S. Pio XII alla presenza          della mamma, delle sorelle, Ersilia e Suor Teresa delle Francescane Missionarie          di Maria, e del fratello Mariano. Dopo solo tre anni, il 24 giugno 1950,          sotto lo stesso Pontefice, ebbe luogo la sua solennissima Canonizzazione.          A causa dell'immensa moltitudine (si calcolarono presenti circa 500 mila          persone), la cerimonia si svolse in Piazza S. Pietro, il pomeriggio di          un sabato. Ancora una volta era presente la mamma, benché anziana e malaticcia,          con i figli. Per l'occasione ritornò dall'America il fratello Angelo (Alessandro          era deceduto nel 1917 in America). L'aver potuto rivedere dopo 35 anni          questo figlio fu una delle più grandi gioie che Mamma Assunta ebbe in          quella circostanza, come ella stessa mi riferì. Il          giorno seguente il Papa celebrò un pontificale in S. Pietro in onore dell'angelica          fanciulla giolina, Ida e fu consegnata al "conservatorio" di          Senigallia. Un giorno dirà con tanta tristezza: "Non conobbi mai          i miei genitori, né potei sapere chi fossero". All'età          di cinque anni fu adottata dai coniugi Aguzzi Vincenzo e Segoni Maria,          contadini di Corinaldo. I due erano dei buoni cristiani, le vollero bene          e le dettero una seria educazione conforme alla loro fede. A          venti anni, il 25 febbraio 1886, sposò, a Corinaldo, Luigi Goretti. Era          povero, ma buono, onesto e amante del lavoro. Il          26 gennaio 1929 fu presente all'esumazione dei resti mortali di Maria,          fatta nel cimitero di Nettuno, dove la fanciulla era stata sepolta dopo          la sua morte. Essi furono riposti provvisoriamente nella cappella delle          Suore della Croce. Il 28 luglio 1929, come si è detto, furono trasferiti          in modo solenne nel santuario di 5. Maria delle Grazie, retto dai Padri          Passionisti. In quella occasione Assunta, in riconoscenza per quanto essi          avevano fatto in favore della figlia, donò ai Padri stessi ben volentieri          il corpo di Maria. Dopo la beatificazione confermò con atto notarile il          dono fatto nel 1929. I Padri, a loro volta, promisero che avrebbero promosso          e curato la canonizzazione della giovane, se ciò fosse stato di gloria          a Dio. Il          26 successivo fu ricevuta ufficialmente in udienza privata da S.S. Pio          XII, che, accogliendola, disse: "Ecco la mamma di una martire"          e che la intrattenne affabilmente per venti minuti. Era la prima volta          che un papa riceveva la madre di una santa. Visse          ancora quattro anni. Molti pellegrini, desiderosi di renderle onore e          di conoscere particolari inediti su Maria, andarono a farle visita ed          ella li accolse sempre con cortesia, cercando di accontentarli in tutto. Ma          intanto il fisico si andava logorando celermente. Il 7 ottobre 1954 ricevette          l'estrema unzione ed il giorno seguente passò serenamene all'eternità.          Aveva compiuto da circa due mesi gli 88 anni. Ai          suoi funerali intervennero autorità civili e religiose, tra cui sette          Vescovi e un Rappresentante del Governo. Era presente inoltre una grande          folla di sacerdoti, di religiosi e di fedeli. Assunta          si può definire veramente una "donna forte", quale la descrive          il libro sacro dei Proverbi. Aveva          sortito da madre natura un carattere quasi duro, autoritario, ma seppe          dominarlo, ingentilirlo, addolcirlo. Fu perciò ferma senza essere ingiusta,          autoritaria senza essere dura. All'occasione riusciva ad essere affabile,          mite, cedevole. Nella          lunga vita incontrò innumerevoli difficoltà, ma le superò tutte con la          pazienza, la fortezza, la perseveranza. A soli 36 anni rimase vedova con          sei figli da mantenere. Dopo la morte di Maria ritornò a Corinaldo. La          povertà, che le era stata sempre compagna, sembrò allora trasformarsi          in estrema miseria. Si sentì sola, senza lavoro, senza un quattrino. Mi          confidò una volta: "Per un pò di tempo dovemmo dormire in una stalla          accanto all'asino". Affrontò          tante penose prove con cristiana rassegnazione e con ferma fiducia nella          Provvidenza, la quale, a dire il vero, per varie vie e nei modi anche          più impensati, le andò sempre incontro. | ||
| Alessandro          nacque a Torrette di Ancona nel 1882. Perdette presto la mamma. "La          mia prima disgrazia fu quella di non avere una mamma", dirà egli          stesso al processo ecclesiastico di Albano. Fece la prima Comunione a          12 anni. Nel          1897 si trasferì con il padre e col fratello Gaspare a Paliano in cerca          di lavoro. Il          padre, sempre assillato dal problema economico, poco curò la sua formazione          religiosa e morale. Giovanissimo frequentò a Torrette compagni licenziosi,          che gli corruppero il cuore. Le letture cattive fecero il resto. Nei tempi          liberi infatti leggeva il Messaggero e la Tribuna illustrata in cerca          di notizie di cronaca nera e di immagini oscene. Di questo ritagliava          le più piccanti per adornarne la sua camera. La          mancanza dell'affetto materno, una educazione più che superficiale e le          letture difatti immorali fecero sì che in lui le passioni perverse prendessero          il sopravvento. Al          processo penale fu riconosciuto responsabile del delitto commesso e condannato          a trenta anni di reclusione, di cui cinque in cellulare. Non gli fu assegnato          l'ergastolo, perché minorenne. Nel          quarto anno del tremendo cellulare ebbe un sogno, che egli così raccontò:          "Idee sempre più violente di disperazione mi turbavano la mente,          quando una notte faccio un sogno: mi vedo davanti a un giardino e in un          riquadro, tutto di fiori bianchi e gigli, vedo scendere Manetta, bellissima,          biancovestita, la quale, man mano che coglie i gigli, me li presenta e          mi dice: "Prendi" e mi sorride come un angelo. lo accetto quei          gigli fino ad averne le bracciaFu dismesso dal          carcere nel 1929, avendo avuto il condono di tre anni della pena. Trovò          una discreta occupazione al paese nativo e cercò di compiere coscienziosamente          il suo dovere. Tuttavia, sospettato di un reato, perdette, benché innocente,          il posto di lavoro. Respinto dai familiari e dal mondo, fu assunto, come          ortolano, dai Padri Cappuccini di Ascoli Piceno, coi quali rimase fino          al 1956. In quell'anno, resosi inabile al lavoro, fu mandato dai Religiosi          nella loro casa di riposo a Macerata, dove soggiornò fino alla morte,          avvenuta il 6 maggio 1970. Passò gli ultimi anni in grande raccoglimento,          pregando e accostandosi ai Sacramenti con ammirabile fervore. Nel          1961 stese il suo testamento, che vale la pena di riferire. "          Sono vecchio di quasi 80 anni, prossimo a chiudere la mia giornata. Dando          uno sguardo al passato, riconosco che nella mia giovinezza infilai una          strada falsa: la via del male, che mi condusse alla rovina. Vedevo, attraverso          la stampa, gli spettacoli e i cattivi esempi, che la maggior parte dei          giovani seguiva quella via senza darsi pensiero ed io pure non me ne preoccupai.          Persone credenti e praticanti le avevo vicino a me, ma non ci badavo,          accecato da una forza bruta, che mi sospingeva per una strada cattiva.          Consumai a vent'anni il delitto passionale, del quale oggi inorridisco          al solo ricordo. Maria Goretti, ora santa, fu l'angelo buono  che la Provvidenza aveva messo avanti ai miei passi. Ho impresse ancora          nel cuore le sue parole di rimprovero e di perdono. Pregò per me, intercedette          per me, suo uccisore. Seguirono trenta anni di prigione. Se non fossi          stato minorenne, sarei stato condannato a vita. Accettai la sentenza meritata;          rassegnato espiai la colpa. Maria fu veramente la mia luce, la mia protettrice.          Col suo aiuto mi diportai bene e cercai di vivere onestamente, quando          la società mi riaccettò tra i suoi membri. I Figli di San. Francesco,          i Minori Cappuccini delle Marche, con carità serafica mi hanno accolto          fra loro non come servo, ma come fratello. Con loro convivo dal 1936.          Ed ora aspetto sereno il momento di essere ammesso alla visione di Dio,          di riabbracciare i miei cari, di essere vicino al mio Angelo protettore          e alla sua cara mamma Assunta. Coloro          che leggeranno questa mia lettera vogliano trarre il felice insegnamento          di fuggire il male, di seguire il bene sempre, fin da fanciulli. Pensino          che la religione con i suoi precetti non è una cosa di cui si può fare          a meno, ma è il vero conforto, l'unica via sicura in tutte le circostanze,          anche le più dolorose della vita. Pace e bene!". | ||
| I miracoli Per l'intercessione della Santa vengono continuamente operati molti miracoli per la vita temporale e più per la vita spirituale. Riferisco solo i due scelti per la sua canonizzazione. Dio l'ha voluta glorificare nell'anno santo 1950, come mi riferisce S. Em. Pio Palazzini. Dopo la beatificazione della Martire, il Comitato addetto si presentò a SS. Pio XII per rendere i doverosi attestati di gratitudine. Il 5. Padre disse: "Vorrei canonizzarla per l'anno santo "purchè faccia i miracoli richiesti", soggiunse S. Em. Palazzini. Il Cielo esaudì subito, cioè entro dieci giorni dalla sua beatificazione avvenuta il 27-4-1947, la surriferita richiesta. 1)11 4-5-1947: guarigione istantanea della Sig.ra Anna Musumarra, da pleurite essudativa e liquido abbondante. 2) L'8-5-1947: guarigione istantanea di Giuseppe Cupo, povero operaio, guarito da grave ematoma al piede destro, causatogli durante il lavoro da un grosso masso precipitato dall'alto. Dopo le regolari discussioni, furono approvati dal S. Padre l'11-12-1949 e fu fissata la data della canonizzazione per il 25-6-1950. Santuario                   di nettuno  | 
venerdì 19 novembre 2010
Santa Maria Goretti
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Santa Maria Goretti
venerdì 12 novembre 2010
La Rocca di Fossombrone
La Rocca di Fossombrone venne fatta costruire originariamente nel XIII  secolo, ma fu solo nel XIV secolo che assunse la conformazione  architettonica più definitiva di recinto quadrilatero con torrioni  angolari, grazie all'intervento dei Malatesta che ne decisero un  sostanziale rimaneggiamento ed ampliamento. Eretta sulla cima del colle  di Sant'Aldebrando, la Rocca rappresentava uno dei capisaldi del sistema  difensivo del ducato di Urbino. Fu però dal 1444 che la rocca assunse  l'assetto definitivo, perchè passò a Federico da Montefeltro, che volle  conformarla militarmente alle nuove tecniche difensive. Agli interventi  federiciani risalgono, in particolare, la trasformazione del torrione  sud-occidentale in baluardetto con alto saliente, oltre alla costruzione  di un rivellino dal profilo carenato al centro del lato meridionale.  Purtroppo nel XVI secolo rocca cadde in rovina; solo in seguito fu  costruita tra le sue mura la chiesetta di San Aldebrando.
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La Rocca di Fano
La Rocca di Fano venne fatta costruire nella prima metà del XV secolo  sui resti di fortificazioni romane e medioevali per volere dei  Malatesta. I documenti noti testimoniano che ad occuparsi dei lavori fu  l'architetto Matteo Nuti con il fratello Giovanni e con Cristoforo  Foschi, che si conclusero nel 1452 con l'erezione del mastio. La  fortezza subì nei secoli a venire diversi rimaneggiamenti ed adattamenti  ad esigenze difensive, conservando comunque integra la struttura  originaria di ampio quadrilatero fortificato, delimitato da cortine  scarpate e solidi torrioni angolari. Il mastio, imponente torre di  vedetta che rappresentava la parte più antica del fortilizio, è stato  purtroppo distrutto nella II guerra mondiale. La Rocca oggi è  complessivamente in buono stato di conservazione, si trova nel cuore di  Fano ed è adibita a spazio espositivo.
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La Rocca di Fano
La Fortezza di Albornoz
Venne fatta costruire tra il 1367 e il 1371  per volere del successore del cardinale Egidio Alvares de Albornoz, il  cardinale Angelico Grimoard. La rocca fu messa a dura prova nel 1375  durante l'assedio capeggiato da Antonio da Montefeltro e nei secoli  successivi subì numerosi rimaneggiamenti che ne modificarono la  struttura edilizia, che oggi si caratterizza per un impianto  rettangolare munito di cortine scarpate continue, torri semicircolari e  bastioni. Nel 1673 la rocca venne ceduta, assieme al campo attiguo, ai  padri Carmelitani Scalzi del vicino convento. Oggi la Fortezza di  Albornoz, che si erge nul punto più alto e panoramico di Urbino  all'interno del Parco della Resistenza, si presenta in buono stato di  conservazione grazie ad interventi di restauro iniziati nel 1967.
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La Fortezza di Albornoz
Il Castello di Numana,
Il Castello di Numana, fatto costruire presumibilmente nel Trecento,  sorse sui resti di preesistenti costruzioni siculo-greche. A quel tempo  il bel maniero costiero era caratterizzato da un recinto di porte  fortificate e torri, tra le quali quella per gli avvistamenti. Solo  quest'ultima ci resta oggi del castello, a testimoniare con il suo arco a  sesto acuto le origini medievali della fortificazione. Causa principale  della distruzione del castello fu il terribile terremoto del 1929.
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Il Castello di Numana
Il Castello Brancaleoni
Un' imponente costruzione  medievale-rinascimentale che si articola in un susseguirsi di corti  interne, voluta nel tardo Medioevo dai Brancaleoni, probabili  discendenti dei Longobardi, a scopi soprattutto difensivi. E'  soprattutto nel XV secolo invece che il maniero ha acquisito l'armonia  che ancor oggi lo caratterizza, perdendo i connotati più prettamente  difensivi a favore di quelli residenziali. L'ingresso gotico del  Castello è sormontato dalla Torre dell'Orologio, mentre al piano terra  si trova il Museo degli antichi mestieri. Nell'appartamento del Leon  d'Oro, antica residenza privata dei conti, si può invece visitare la  Collezione di gioielli ed abiti seicenteschi dei Brancaleoni, mentre la  parte più antica del castello accoglie il Museo dei fossili di Monte  Nerone.
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Il Castello Brancaleoni
La Torre di Portonovo
La Torre di Portonovo, nota ai più come Torre Clementina, venne fatta  costruire nel 1716 da Papa Clemente XI a ridosso della costa, onde  difendere il territorio circostante da sbarchi indesiderati. Si tratta  di una bella torre quadrata eretta quasi sulla battigia, che ha  contrastato efficacemente negli anni le incursioni dei pirati. Nel 1810,  durante il Regno d'Italia di Napoleone, venne affiancata ad opera del  generale Beauharnais dal fortino napoleonico, che difendeva il fianco  meridionale di Ancona, onde proteggere così dagli inglesi tutto il porto  nuovo.
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La Torre di Portonovo
La Rocca di Urbisaglia
La Rocca di Urbisaglia venne fatta costruire nel XIV secolo sui resti  della romana Urbs Salvia. La Rocca esisteva infatti prima del 1264,  fatto testimoniato dell'esistenza di documenti che provano l'occupazione  dei Tolentinati, che la restaurarono in seguito per servirsene. Questa  fortezza è caratterizzata da una pianta trapezoidale rafforzata agli  angoli da 4 torri angolari scarpate, come le cortine, sino al cordone.  Il maschio, di forma quadrata, alto 24 metri, forse del 1300, ha i suoi  merli alla ghibellina: vi si accedeva dall'interno della Rocca tramite  un'altra pusterla. La rocca ha subito nei secoli numerosi  danneggiamenti, soprattutto nella seconda metà dell'Ottocento. Oggi si  presenta invece in buono stato di conservazione grazie a recenti  interventi di restauro.
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La Rocca di Urbisaglia
La Rocca di Offagna
La Rocca di Offagna venne fatta costruire nel 1454 sui resti di un  preesistente maniero medievale a scopi puramente difensivi, per  proteggersi dai rivali di Osimo. La rocca è merlata, presenta una  struttura quadrangolare con mastio eccentrico e poggia su di una rupe  tufacea che ne accresce il potere difensivo. Vista la posizione  strategica non fu mai necessario alcun fossato. Dal punto di vista  architettonco si pù ancora notare la convivenza tra elementi medievali,  retaggio del maniero preesistente, ed elementi d'impronta  rinascimentale, come l'alto mastio e le numerose feritoie ideali per  l'uso di armi da fuoco. Il mastio, cioè la torre di massimo  avvistamento, è suddiviso in 5 piani e l'accesso a tutta la fortezza  doveva avvenire dal quarto piano, accorgimento molto diffuso nel  Medioevo. Oggi la Rocca accoglie una ricca raccolta d'armi antiche e  preziosi reperti.
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La Rocca Costanza di Pesaro
La Rocca Costanza di Pesaro venne fatta costruire nel 1474 sulle  fondamneta di una preesistente fortezza voluta dalla famiglia Malatesta.  La Rocca, che deve il suo nome a Costanza Sforza succeduta nel 1473 al  padre Alessandro, venen fatta costruire secondo le esigenze di una città  di pianura, addossata alle mura cittadine dell'era dei Malatesta.  Dotata in origine di un coronamento a beccatelli, è oggi caratterizzata  da una pianta quadrilatera con torrioni circolari scarpati agli angoli,  così come scarpate sono le cortine murarie di collegamento. La  costruzione delle rocca terminò nel 1483 per opera di Cherubino di  Giovanni da Milano, al tempo di Giovanni Sforza. Oggi la Rocca è aperta  nei mesi estivi in occasioni di eventi musicali ed è visitabile  all'interno di itinerari guidati.
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La Rocca Costanza di Pesaro
Il Palazzo Ducale di Urbania
L'antico borgo medievale di  Casteldurante, sorge oggi sulle fondamenta del bellissimo castello  medievale conosciuto all'epoca come Castel delle Ripe: questa fortezza,  da tempo abbattuta, era stata eretta dai Brancaleone e ubicata lungo  l'ansa del fiume Metauro. Il Palazzo Ducale, ristrutturato da Francesco  di Giorgio Martini nel XVI secolo, è uno dei capolavori voluti dal Duca  di Urbino Federico II da Montefeltro ed oggi vi sono custoditi i  preziosi volumi della Biblioteca Comunale, oltre ad una raccolta di  disegni del tardo Rinascimento.
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Il Palazzo Ducale di Urbania
La Rocca di Cagli
La Rocca di Cagli ha origini rinascimentali. Infatti proprio in  quell'epoca arricchì, su volere di Francesco di Giorgio, il borgo munito  di Cagli. Nel Trecento Cagli entrò a far parte del Ducato dei  Montefeltro, portando di conseguenza una grande fioritura artistica nel  borgo, che durò a lungo. Ad oggi della fortificazione si conserva  purtroppo solo il maestoso torrione semicircolare.
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Il Castello dei Conti Oliva
Questo castello sorge a Piandimeleto sulla destra del  fiume Foglia, nel cuore del Montefeltro. I primi Oliva storicamente  documentati sono i fratelli Sforza Bisaccione e Ugolino, nel 1234  signori di Antico, Piagnano ed altre fortezze minori. I più celebri  membri della famiglia furono Gianfrancesco ed il figlio Carlo, vissuti  nel XV secolo e a cui si deve la realizzazione della Cappella di  Montefiorentino, con le tombe dei genitori. Nel 1469 Gianfrancesco e  Carlo combatterono contro Federico da Montefeltro, alleato degli Sforza,  in quanto il castello dominava in posizione centrale il quadrilatero  costituito da Sestino, Sassocorvaro, Urbino, Casteldurante: terre  confinanti contese sempre dai potenti, tra cui anche i Pontefici, i  Malatesta, i Feltreschi e i Brancaleoni. Piandimeleto è sempre stato il  cuore dell'opera d'azione del potere degli Oliva e la scelta della  costruzione del grande castello si deve alla sua posizione fortemente  strategica, grazie alla difesa naturale offerta dal fiume Foglia.
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Il Castello dei Conti Oliva
Il Castello di Camerano
Il Castello di Camerano ha origini molto antiche dato che, nel luogo  in cui sorsgeva, vi furono preesistenti insediamenti umani fin dall'età  del Ferro. In era medievale il maniero costituì una preziosa base  difensiva per l'arcivescovo di Ravenna. In seguito nel Trecento, anni  dell'espansione del territorio anconetano, il castello vide grande  splendore. Il maniero era caratterizzato da tipico andamento circolare,  essendo fortificazione di poggio, e da scoscendimenti rocciosi detti  Sassòne. Ad oggi resta poco del bel castello, solo tratti di mura  fortificate.
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Il Castello della Rancia
Il Castello della Rancia venne fatto costruire nel 1100 dai monaci  benedettini, che eressero più precisamente una grancia, cioè una  fattoria e deposito di derrate alimentari dipendente da una abbazia. Il  maniero vero e proprio fu costruito nel 1300 su queste preesistenti  fondamenta, caratterizzato da una possente torre maestra e da merlature  ghibelline a sormontare tutta la struttura a pianta rettangolare. Il  mastio, nucleo originario della preesistente grancia, è alto circa 30  metri ed è costituito da 4 piani. Il castello nel corso dei secoli passò  di proprietà in proprietà, da Girolamo Riario nel XV secolo, a  Guidobaldo Della Rovere ai Marchesi Bandini. Il maniero è inoltre famoso  per un avvenimento storico del 1815, la battaglia della Rancia, in cui  l'esercito austriaco sconfisse Gioacchino Murat proprio davanti alle sue  mura.
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Il Castello di Candelara
Il Castello di Candelara ha origine antiche, dato che sorse  probabilmente sopra i resti di una villa romana. Si presume che il  maniero venne fatto costruire attorno all'anno Mille e che fosse un  castello imprendibile, posto com'era su una contrafforte e circondato da  solide mura. Nel 1176, dopo la sconfitta di Legnano, vi trovò rifugio  Federico Barbarossa.
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Il castello sforzesco di Pesaro
Il castello sforzesco di Pesaro, conosciuto come Villa Imperiale,  venne fatto costruire nel 1469 per volere di Alessandro Sforza. A questa  architettura fortificata se ne sovrappose una seconda nel 1530 su  ordine dei Della Rovere, che commissionarono il loro progetto a Girolamo  Genga, che curò anche la decorazione interna. Così, ad una comune  pianta quadrata rinsaldata da un'alta torre di difesa, si aggiunse il  Palazzo Nuovo, caratterizzato da splendidi interni ricchi di affreschi,  eseguiti da artisti come i fratelli Dossi e il Bronzino. Nella Villa  Imperiale soggiornarono molti ospiti celebri, quali Pietro Bembo,  Baldassarre Castiglione, Torquato Tasso. Oggi in perfette condizioni di  agibilità, la villa è residenza estiva della famiglia Castelbarco  Albani, che ha anche commissionato recenti lavori di restauro per  ricondurla al suo originario splendore.
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Fortezza di Ancona
La Fortezza di Ancona venne fatta costruire nel Cinquecento su volere  di Papa Clemente VII, al fine di proteggere la città che aveva  gareggiato con le Repubbliche marinare. Architetto di questa Cittadella  (altro nome per la Fortezza) fu Antonio da Sangallo di Giovanni, maestro  del tempo. Ancora oggi la Fortezza, che si erge sul colle Astagno, è  tra i primi esempi di fortificazione bastionata delle Marche e presenta  una singolare pianta a più punte.
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La Rocca di Acquaviva Picena
La Rocca di Acquaviva Picena è stata costruita in epoca medievale su  volere della famiglia Acquaviva d'Atri. La rocca, che da sempre ha  troneggiato maestosa sulla bella cittadina, è caratterizzata da un bel  torrione scarpato ed è considerata come una delle più interessanti  fortezze delle Marche. Il suo impianto è infatti singolare, con la  cortina appoggiata a bastioni trapezoidali con mastio cilindrico ed il  torrione a pianta pentagonale con una profonda scarpatura.
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La Rocca di San Leo
La Rocca di San Leo ha origini medievali e si erge sulla punta più  alta dello sperone del colle su cui si trova il centro abitato di San  Leo, l'antico Mons Feretri da cui derivò il più noto nome di  Montefeltro. La rocca sovrasta tutto il borgo e, per questa sua  posizione inespugnabile, si guadagnò la fama di fortificazione tra le  più pregevoli nel periodo medievale-rinascimentale. Questa fortezza  venne rimaneggiata nel XV secolo su volere di Federico III da  Montefeltro, che fece aggiungere due possenti torrioni cilindrici, la  cortina muraria e tutta la parte residenziale. Nella cosiddetta Cella  del Tesoro fu a lungo rinchiuso nel XVIII secolo il conte Cagliostro,  ovvero Giuseppe Balsamo, che qui anche morì. Il panorama che si gode da  San Leo è ancor oggi uno dei più suggestivi di tutte le Marche.
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Il Castello del Cassero
Il Castello del Cassero è stato costruito nel 1375 per volontà del  nobile Nicola Torriglioni. La struttura architettonica del maniero era  in origine molto particolare in quanto presentava pianta a croce.  Purtroppo di quel bel maniero singolare oggi resta gran poco: qualche  vestigia e la torre d'ingresso alleggerita da monofore.
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Il Castello di Novilara
Il Castello di Novilara venne fatto costruire nel 1373 su volere di  Pandolfo Malatesta. In seguito il bel maniero che domina il mare,  divenuto proprietà di Francesco Maria della Rovere, nel Cinquecento  venne dato in feudo dallo stesso duca a Baldassarre Castigione.  Quest'ultimo, celebre letterato italiano autore de Il Cortigiano,  divenne così castellano della fortezza.
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Il Castello di Montemarciano
Il Castello di Montemarciano è stato fatto costruire negli anni in cui  la terra apparteneva ai Piccolomini, duchi sotto il pontificato di  Gregorio XIII. In seguito Sigismodo Malatesta vi fece costruire un  mandracchio in una posizione da lui stesso scelta: l'incrocio tra via  Flaminia, via Lauretana e via Flambegna. Nel tempo fu soggetto ad usi  molteplici, dal magazzino all'osteria. Il nome del castello deriva da  Monte di marte, poi divenuto Montemarziano ed infine montemarciano. Ad  oggi del castello resta solo il mandracchio, da poco restaurato.
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Il Castello di Montemarciano
Il Castello di Lanciano
Il Castello di Lanciano è stato fatto costruire nel Trecento, e più  precisamente tra il 1350 ed il 1418. Il bel maniero, circondato dal  verde delle colline marchigiane, presentava porzioni armoniche e torri  di altezza moderata: aspetti che facevano già presagire ai canoni  rinascimentali che si sarebbero affermati successivamente. Il castello  nel Seicento passò ai Voglia, poi ai Rosa ed ai Bandini. Solo in seguito  venne restaurato grazie alla volontà della famiglia Varano.
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La Rocca Priora
La Rocca Priora, vista la sua ottima posizione strategica, venne fatta  costruire nel XII secolo dagli Jesini. La Rocca, nota anche col nome di  Rocca di Fiumesino dal nome del fiume che le scorre vicino, è  caratterizzata da una singolare pianta ellittica. Tutta merlata, ha una  torre maestra che punta a nord-ovest e la torre d'ingresso sormontata da  uno stemma del Vanvitelli, risalente ell'era dei Lumi. Ad oggi La Rocca  si presenta in ottimo stato di conservazione.
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Il Cassero di Castelraimondo
Il Cassero di Castelraimondo, che tutt'ora domina sul territorio  marchigiano, è ciò che resta di quella che doveva essere stata una bella  fortificazione costruita nel Trecento. La torre, merlata ed alta più di  35 metri, era inserita in una costruzione fortificata di cui oggi  restano poche vestigia: tratti di mura di cinta ora inglobati nella  chiesa parrocchiale. La torre è divenuta invece la Chiesa del campanile  di San Biagio.
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La Rocca di Gradara
La Rocca di Gradara, situata nella zona più elevata del paese, venne  fatta costruire nel XIII secolo su volere dei fratelli De Griffo. Il  castello, che si ergeva sui resti di una antica fortificazione,  presentava pianta quadrangolare con torri angolari e mura merlate. In  seguito divenne dei Malatesta, che la ingrandirono conferendole  l'attuale assetto architettonico. Coi Malatesta il castello visse anni  di splendore, passando poi alla famiglia Della Rovere. Con quest'ultima  si videro fantastiche serate gentilizie a castello, soprattutto grazie a  Livia Della Rovere ed a Eleonora Gonzaga. Dopo un periodo di decadenza,  nel 1920 la famiglia Zanvettori ne rilevò la proprietà finanziando  interventi di restauro. Le doppie mura ad anello sono visitabili  passando per i camminamenti di ronda che collegano le torri quadrate  dalle quali si scorgono a breve distanza San Marino e la riviera  adriatica.
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La Rocca Ubaldinesca
La Rocca Ubaldinesca è situata a Sassocorvaro, nella suggestiva valle  del Foglia, e presenta una curiosa pianta zoomorfa. Si trova proprio nel  centro del paese, che a sua volta è adagiato su un'imponente sperone di  roccia da cui si domina tutta la valle. Costruita nel Quattrocento e  progettata da Francesco di Giorgio Martini, rappresenta oggi uno dei  maggiori capolavori dell'architettura militare rinascimentale. Merita  molta attenzione anche l'esterno, fatto di una possente muraglia  rastremata verso il basso e rafforzata da alte scarpate. Ma la rocca non  fu solo baluardo contro le aggressioni, vista la sua posizione  strategica, in quanto nell'Ottocento il suo cortile centrale divenne un  teatro.
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La Rocca Ubaldinesca
La Rocca di Mondavio
La Rocca di Mondavio venne fatta costruire nel 1482 su volere di  Giovanni Della Rovere, il quale affidò il progetto all'architetto  Francesco di Giorgio Martini. Quest'ultimo studiò la fortificazione in  funzione delle novità del tempo. Quindi, siccome le frecce stavano per  essere superate dalla polvere da sparo, la struttura della rocca si  adeguò a questo. I lavori durarono 10 anni. Caratterizzante dell'estro  del Martino è sicuramente il grande torrione poligonale circondato da un  profondo fossato.
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La Rocca di Mondavio
Il Castello Pallotta
Il Castello Pallotta di Caldarola ha origini attorno all'anno Mille.  Il maniero, a ridosso del colle Colcù, è sempre stato conteso tra Impero  e Papato. Infatti inizialmente il castello si trovava in terra  imperiale, ma nel 1077 Matilde di Canossa lo donò alla Chiesa.  Successivamente il maniero passò di proprietà in proprietà, da Ottone di  Brunswich a Federico II di Svevia, fino a che nel Trecento venne  distrutto. Un secolo dopo Papa Eugenio IV lo fece ricostruire,  affidandosi al noto ingegnere Pallotta, a cui ancora oggi si deve il  nome del castello. Restaurato in seguito nuovamente da Paride Pallotta,  il maniero si presenta oggi in buono stato di conservazione.
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Il Castello Pallotta
Palazzo Coronini Cronberg
Il Palazzo Coronini Cronberg sorge nel centro di Gorizia, nell'antico  borgo di Grafenberg. Fu costruito verso la fine del Cinquecento dal  Conte Zengraf. Al suo interno si possono ammirare opere d'arte di  straordinario valore tra cui tele attribuite a Tiziano, Lavinia Fontana,  Bernardo Strozzi e Rubens. L'edificio è divenuto sede della Fondazione  Coronini Cronberg ONLUS nel 1990 per volontà del suo ultimo  proprietario, il conte Guglielmo Coronini Cronberg (1905 - 1990). I  locali delle Ex Scuderie ospitano mostre, covegni e conferenze.  Adiacente al Palazzo c'è il vasto Parco all'inglese visitabile fino al  tramonto.
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Palazzo Coronini Cronberg
Castello di Moruzzo
Di questo castello  restano oggi i grossi  muri della bastonatura, mentre molte delle pietre che costituivano le  mura del maniero furono utilizzate dalla popolazione per edificare altre  abitazioni e per ampliare la stessa Pieve di Santa Margherita. La  grande chiesa sorge sulla preesistente cappella, ora Cripta S. Sabida e,  durante il corso dei secoli, ha subìto numerosi interventi di restauro,  l'ultimo nel 1954, anno in cui si ricondusse la tacciata a linee  semplici e severe e venne aperto nuovamente il rosone gotico.  L'importanza della località derivò probabilmente dal fatto che, nei  pressi, passasse la Strada Cividina che, ponendo dall'antica Forum  Julii, raggiungeva le attuali Godia. Molin Nuovo, Feletto Umberto,  Ceresetto, Martignacco, per allacciarsi alla Via Concordiese in  prossimità di Fagagn.
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Castello di Moruzzo
Città Fortificata di Palmanova
La Città fortificata di Palmanova ha una struttura molto equilibrata e  razionale, tipica dell'epoca del Rinascimento. La cittadella si estende  infatti a stella e tutte le arterie stradali convergono al centro, che è  una piazza d'armi di forma esagonale; la sua architettura è poi  caratterizzata dalla presenza di nove bastioni e di tre porte  d'ingresso. I lavori per la costruzione di questa Città fortificata  iniziarono nel 1593, presumibilmante con la finalità di difendersi sia  dagli Austriaci che dai Turchi. Il progettista fu Giulio Savorgnano.
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Città Fortificata di Palmanova
Il Castello di Zoppola
Il Castello di Zoppola fu probabilmente fatto erigere intorno all'anno  Mille e di esso si hanno documentazioni già nel 1153. In origine il  maniero, di proprietà dei duchi d'Austria, era dotato di una triplice  cinta difensiva. Nei secoli successivi il castello passò di proprietà in  proprietà e nel Cinquecento venne parzialmente distrutto dalla sommossa  popolare guidata da Antonio Savorgnan. Ad oggi si presenta in buono  stato di conservazione.
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Il Castello di Zoppola
Castello di Cassacco
Cassacco deriva dal latino castrum, ed infatti in epoca precedente al  Medioevo vi sorgeva già un presido romano. Il Castello di Cassacco  invece venne fatto costruire nel Duecento e nel 1254 divenne della  famiglia di Montegnacco. Il castello, dalla classica architettura  fortificata, presenta un solido corpo centrale che raccorda due torri,  ed è circondato da una cinta muraria interrotta da torrette. Soggetto  nei secoli a molti interventi di restauro, nel Cinquecento gli venne  affiancata la chiesetta di Santa Maria Assunta. Nel 1976 il bel maniero  subì danni a causa del terremoto; in seguito ricostruito, si presenta ad  oggi come uno tra i più bei castelli della regione.
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Castello di Cassacco
Il castello di Muggia
Il castello di Muggia venne fatto costruire verso la fine del 1300;  secondo alcune fonti si dice su volere del patriarca Caetani nel 1397,  secondo altre su volere di Marquardo di Randeck un ventennio prima.  Questo maniero divenne poi fortezza strategica per il progetto difensivo  che il patriarcato di Aquileia volle erigere nel XV secolo. Ad oggi del  castello, che nei secoli passò a numerose proprietà, restano solo una  torre, la porta di levante e resti della porta di San Ulderico.
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Il castello di Muggia
Il castello di Cordovado
Il castello di Cordovado è stato costruito nel XII secolo. Dopo  numerosi rimaneggiamenti e danneggiamenti avvenuti nei secoli, il  maniero ad oggi si presenta con le mura di cinta originarie e le due  torri in ottimo stato. A metà strada tra il castello e la villa, la  residenza nobiliare di Cordovado, oggi della contessa  Freschi-Piccolomini, si trova all'interno del borgo del castello di  Cordovado.
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Il castello di Spilimbergo
Il castello deve il suo nome all'italianizzazione del  nome Spengemberch, nome della famiglia tedesca proprietaria del feudo e  del maniero in epoca medievale. Il castello, oggi in ottimo stato di  conservazione e caratterizzato da un grande cortile centrale a forma  trapezoidale, vide anni bui nell'epoca rinascimentale, dovuti sia  all'occupazione delle milizie venete che al terremoto del 1511 che lo  devastò. Negli anni successivi fu sottoposto ad importanti interventi di  restauro e già nel 1532 il maniero fu pronto ad accogliere la corte di  Carlo V.
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