venerdì 1 ottobre 2010

Il cavaliere Fantasma di Bardi


Arroccato su di un'altura che domina la vallata sottostante, il castello di Bardi si staglia nella sua meravigliosa possanza sulle colline del parmense.
Ideato per assurgere al ruolo di fortezza inespugnabile, il castello ora riposa nella sua fiera austerità nel silenzio di questi luoghi.
Un silenzio che, a distanza di diversi secoli, ha conservato con ogni probabilità segreti inenarrabili che solo queste solide mura hanno saputo preservare gelosamente dall'oblio e dal trascorrere del tempo che ogni cosa cancella.
Sì, proprio così, perché a Bardi il tempo sembra essersi davvero fermato, incerto sul da farsi: se proseguire incurante il suo corso o piuttosto regalare frammenti di vite passate a chi avesse avuto la buona volontà di ricercarli.
Così é stato ed oggi siamo lieti di potervi raccontare in esclusiva un qualcosa che va al di là di ogni più fervida immaginazione.
Suffragato da materiale di prima mano, il caso entra di diritto nella storia della parapsicologia.

La leggenda del castello: come ogni castello che si rispetti, anche attorno a quello di Bardi ruota una romantica leggenda.
Ci troviamo in un periodo inquadrabile tra il XV° ed il XVI° secolo e la regione é interessata da cruenti scontri tra le opposte signorie locali.
Tra una battaglia e l'altra la vita disperatamente cercava di ricavarsi un nuovo spazio ed é forse in uno di questi rari frangenti che a Moroello capitò di innamorarsi appassionatamente della bella Soleste.
L'amante era il intrepido comandante della guarnigione stanziata nella fortezza; stimato e rispettato dal nemico quale abile condottiero, costui era stato in grado di conquistare la fiducia dei Landi che vedevano in lui l'uomo perfetto al quale affidare  un compito così delicato qual'era la difesa di confini assai incerti.
Quello che legava i due giovani era un amore così intenso che avrebbe vinto contro ogni cosa: la diffidenza per il differente ceto di appartenenza e la difficoltà iniziale del vivere questo sentimento liberamente.
Ma i due persero la sfida più importante, quella contro la quale non disponevano di armi alcune: la sfida col destino.
Un giorno, mentre un roseo futuro pareva prepararsi per i due, Moroello fu chiamato ad adempiere al suo dovere e, montato a cavallo, si mise alla testa delle sue truppe per respingere l'incombente minaccia di un bellicoso stato confinante.
Bardi era una preda su cui molti avrebbero voluto mettere le mani e per impedire ciò, il comandante dovette separarsi dall'amata Soleste ed andare incontro alle truppe nemiche.
Per diversi giorni la giovane rimase ad attendere appesa alla speranza di poter assistere quanto prima al ritorno di Moroello.
Si narra che non passasse giorno in cui Soleste non si recasse sul Mastio scrutando per ore l'orizzonte: ogni qual volta scorgeva in lontananza un uomo a cavallo, il suo cuore sussultava.
Dopo alcuni giorni d'attesa, finalmente una visione: una moltitudine di uomini in arme si appropinquava speditamente verso gli spalti.
Per Soleste fu un'esplosione di gioia tragicamente stroncata dall'attenta osservazione dei vessilli che avanzavano.
Non era il suo amato che tornava per accoglierla tra le sue braccia. Erano le truppe nemiche che ormai incombevano su di una rocca ormai priva di armigeri che potessero difenderla.
Nessuno potrà mai dire con certezza cosa passasse per la testa di Soleste in quei frangenti: certa di aver perduto il suo amore in battaglia, restìa al cadere tra le mani degli assassini, decise di porre fine alla sua esistenza lanciandosi nel vuoto dal Mastio.
La schiera di soldati ora era più vicina e, incredibile, quei vessilli nemici erano esposti da mani amiche!
Moroello, come finale gesto di spregio nei confronti del nemico, aveva comandato ai suoi uomini di indossare i colori del nemico. Con tale ordine aveva condannato involontariamente a morte la sua donna.
Travolto dai sensi di colpa, lo stesso Moroello decise di togliersi la vita lasciandosi cadere dagli spalti.
Questo é il triste epilogo di questo racconto molto datato e da qui inizia una delle più grandi sfide che l'ambiente parapsicologico italiano sia mai stata in grado di lanciare.

L'inizio di una fantastica avventura: A tutti coloro che si professino appassionati della materia da noi trattata, sarà capitato almeno una volta di sentir citati questi nomi:
Michele Dinicastro e Daniele Gullà.
Stiamo parlando di due tra più seri ed affermati parapsicologi italiani, nonché del team più affiatato e scientificamente attrezzato di quelli che siam soliti chiamare, mutuando il termine dai colleghi d'oltremanica "Ghost Hunters".
Raro esempio di simpatia e disponibilità, dobbiamo a loro (e ad una sincera amicizia che ci lega) questo Special.
Ai due ricercatori di cui sopra (gli stessi ad aver ottenuto strabilianti risultati producendo la celeberrima documentazione della rocca di Montebello) va dato atto di essere stati altresì i primi ad interessarsi seriamente della fortezza di Bardi e dei suoi segreti.
A tal fine é sintomatico constatare come in nessuna guida né recente né datata fosse presente alcun riferimento a Bardi come custode di qualche insolita presenza.
E per questo motivo, la loro opera partiva indubbiamente da condizioni disagevoli: ogni indizio sarebbe stato da raccogliersi in loco mediante un'attenta catalogazione delle testimonianze dirette che da qualche tempo circolavano per la provincia parmense.
Le guide del posto parlavano, al pari di alcuni ignari visitatori ed operai, di particolari ed inconsueti fenomeni olfattivi: in particolare era stato ravvisato in più di un'occasione un intenso odore di sterco (anche in periodi in cui non é impiegato abitualmente nelle colture) a cui si contrapponeva talvolta un profumo intensissimo di essenze naturali.
I due elementi olfattivi, poi, erano a volte percepiti in sequenza all'interno di una particolare stanza.
Ma a Bardi le sorprese non si risparmiano dal momento che innumerevoli sono pure le testimonianze di coloro che dichiarano di aver assistito a fenomeni auditivi (in diverse zone) assolutamente privi di spiegazione prettamente razionale: voci, suoni e canti sono stati percepiti in diverse occasioni nei luoghi più disparati del castello.
Un rullare di tamburi, riferito ai ricercatori prima delle indagini, fu udito durante il primo sopralluogo tecnico effettuato dai medesimi e da un totale di ben cinque testimoni.
Ma non é tutto: alcuni reports parlavano di indistinte voci umane.
Al riguardo, un signore di Genova, dopo aver pernottato a Bardi con un gruppo di Scout, aveva reso una interessantissima dichiarazione nella quale asseriva di aver udito nottetempo un bisbiglìo di voci all'interno dell'ambiente nel quale si trovava a riposare: alzatosi a più riprese per verificare l'origine di tal vociare, dopo aver constatato che tutti i suoi ragazzi riposavano tranquillamente, rimaneva di stucco nel non poter individuare l'esatta provenienza del fenomeno.
Dinicastro ci fa notare come, curiosamente, lo scenario in questione fosse quello un tempo adibito all'antica locanda del castello.
Ancora: canti militari intonati da profonde voci maschili ed il suono cadenzato di passi tutt'altro che felpati percepiti soprattutto lungo gli itinerari di ronda.
Una ben diversa attività, invece, era stata osservata dagli operatori che prestavano servizio al castello: stiamo parlando di cerchi di sassi che alla riapertura del castello venivano rinvenuti nella loro scioccante perfezione in punti in cui, prima, non vi era assolutamente nulla di simile.
Il medesimo personale narrava anche di pietre di grosse dimensioni spostate dalla loro sede naturale, così come erano stati registrati curiosi cambi di locazione di parte dell'oggettistica esposta durante le mostre allestite al castello.
Tutti questi movimenti sospetti si verificavano durante le ore notturne quando la fortezza era chiusa al pubblico.
Questa mole non indifferente di dati, resa pubblica dai mezzi di stampa finì inevitabilmente per stuzzicare la curiosità dei parapsicologi e fu così che costoro presero un giorno la via che conduce al castello.

Una prima fruttuosa esplorazione : Il 17 giugno 1995, avvalorati dalla collaborazione di un serio sensitivo e previo ottenimento dell'autorizzazione ad operare, questo team di parapsicologi raggiunse Bardi.
In prima battuta furono operati dei "sondaggi psichici" e delle rilevazioni fotografiche nella banda dell'ultravioletto e dell'infrarosso.
Il sensitivo, tenuto allo scuro delle indicazioni nel frattempo raccolte e dei maggiori dettagli ottenuti, fu repentinamente colto da una sensazione di disagio che pareva condensarsi soprattutto in prossimità del mastio ove asseriva di scorgere una dama intenta a scrutare l'orizzonte.
Le medesime sensazioni sarebbero poi state successivamente confermate da altri sensitivi successivamente condotti in loco.
Al di là di questi indizi sensoriali, nel 1995 le ricerche si conclusero con un cospicuo bottino sul quale si sarebbero mosse le successive ricerche:
  • a) Audizione di un evento acustico di probabile matrice "paranormale": alle ore 23 circa, tre ricercatori e due giornalisti che erano giunti per documentare e testimoniare le ricerche udirono in maniera netta il rullare cadenzato di alcuni tamburi.
    La provenienza di tale suono pareva avere origine al centro della piazza d'arme.
    I tamburi che suonavano con un preciso timbro marziale, furono uditi da tutti i presenti sebbene questi si trovassero in lati diversi della piazza e (come in seguito appurato) nei paraggi non vi fosse alcuna sagra paesana, festa o parata.
     
  • b) Mediante l'utilizzo di una sofisticata apparecchiatura C.U.V.
    (Chemical Ultraviolet Vision) fu possibile cogliere l'addensarsi di strane formazioni nebulose di possibile natura psichico-proiezionale.
    Il mezzo consisteva in un fotomoltiplicatore modificato in laboratorio mediante l'utilizzo di particolari emulsioni chimiche e di alcuni filtri differenziali: collegato ad una videocamera professionale Sony con sensibilità 0.1 lux, permetteva ai ricercatori di scandagliare la banda delle frequenze UV.
     
  • c) Grazie all'utilizzo del suddetto C.U.V. il team fu in grado di riprendere in soli 4 fotogrammi un intenso bagliore prodottosi nella frequenza UV: non percepito dai presenti, il fenomeno fu notato solamente visionando il materiale raccolto.
    Nei quattro fotogrammi si nota una "esplosione fotonica" che va ad evidenziare i contorni di un muro all'interno della cosiddetta "sala delle torture".
    In questa frazione di secondo si notano, sulla parete, delle sporgenze scure che sono difficilmente interpretabili.
    Questi frames furono sottoposti all'attenzione di un medium solo diversi mesi più tardi: in data 29/3/1996, una stampa di questo strano bagliore provocò una violenta reazione del sensitivo.
    Costui, caduto in una sorta di trance assolutamente travagliata e sofferente, raccontò tra lacrime ed urla di personificare un ramaio vissuto diversi secoli addietro.
    Costui asseriva di essersi innamorato della moglie del feudatario e di aver pagato a carissimo prezzo (mediante le torture più atroci) questa passione proibita.
Inutile dire che Dinicastro e Gullà si ritrovarono ad essere ancor più convinti della necessità di svolgere ulteriori accertamenti sul posto.
Avevano spalancato più di una porta ed ora era giunto il tempo di vedere cosa mai si celasse dietro a quei cardini che per centinaia di anni avevano custodito inenarrabili vicende.

1997, alla ricerca di conferme: Fu in quell'anno che i parapsicologi fecero ritorno al castello per compiere ulteriori indagini.
In quella circostanza, grazie ad una speciale fotocamera digitale per la banda UV, fu raccolto un interessante scatto raffigurante il volto di un bimbo.
L'immagine, catturata al di sopra di una spalla di un loro collaboratore, rappresentava il viso di quello che iconograficamente rassomiglia ad un "puttino".
I successivi approfondimenti in laboratorio, furono in grado di confermare queste impressioni: secondo i ricercatori, tale volto prodottosi mediante un'interazione psicocinetica scaturiva dal patrimonio inconscio di uno dei presenti.

1999: l'anno della svolta decisiva: Nell'intento di trovare uleriori conferme ai già validi risultati fin lì ottenuti, Dinicastro e Gullà varcarono nuovamente la soglia della fortezza in data 16 ottobre.
L'intento era quello di ottenere materiale di interesse parapsicologico applicando un protocollo scientifico sempre più rigido.
Mediante l'uso una sofisticatissima termocamera in grado di leggere e visualizzare le variazioni termiche dell'ambiente e di una macchina fotografica Pentax Mx con pellicola a colori 100 ASA supportata da flash furono eseguiti ben 31 scatti.
In quel giorno d'ottobre il team era composto, oltre che dai nostri amici, anche da un biologo, uno psicologo e da due sensitive fiorentine che si rivelarono immediatamente preziosissime.
Le due donne, dopo aver preso visione di tutti gli ambienti del castello, cominciarono ad indicare con insistenza una locazione ben precisa: si trattava della assai breve scalinata che conduce alla "sala del boia" (foto sopra).
Fu così che in breve gli apparecchi furono posizionati in prossimità della scala e furono impiegati simultaneamente.
Mediante questa azione combinata, infatti, nei pensieri dei parapsicologi vi era la speranza di cogliere qualcosa di interessante nella ipotesi che vi fosse una probabile ricaduta termica dell'evento paranormale.
La loro buona volontà fu abbondantemente ripagata: nell'arco di un'ora furono scattate le citate 31 fotografie.
Di queste solo la quinta, ripresa, per altro, al momento in cui le due sensitive segnalavano una "presenza" riportò una straordinaria anomalia che l'avrebbe fatta entrare di diritto nella storia della ricerca parapsicologica italiana e mondiale. Tuttavia, sia  la Pentax, usata per riprendere contemporaneamente la stessa porzione di spazio ripresa dalla termocamera, che gli occhi dei testimoni presenti non videro nulla. Ma la termocamera in quell'ambiente ventilato e dalla temperatura di 9° - 10 ° C, immortalò la splendida figura di un cavaliere medioevale.
Lo studio dell'immagine ed i diversi riscontri: la splendida immagine é stata sottoposta ad una nutrita serie di analisi storiche e tecniche:


  • Riscontri cronologici: l'analisi comparativa effettuata con un ritratto del Mantegna   raffigurante Francesco Gonzaga, duca di Mantova, ha permesso di trovare precise analogie con il tipo di armature, la barba ed i capelli.
    Pertanto, il Fantasma sarebbe collocabile attorno all'ultimo decennio del XV secolo, dal momento che il pittore realizzò la sua opera nel 1496.
    Curiosamente, il periodo storico calza a pennello con le tramandate vicende di Moroello.
     


  • Riscontri storici ed architettonici: la mappatura la parte antistante la torre detta “Mastio”, occupata da un portico con colonne, é tipicamente cinquecentesca (analisi confermata anche da fonti bibliografiche sulla storia del castello, come ad esempio l’autorevole guida rossa del Touring Club). Inoltre la breve rampa di scale che immette nella cosiddetta sala del boia è certamente d’epoca posteriore a quella del “cavaliere”, perché costruita in base alla mutata situazione architettonica venutasi a creare con la costruzione del porticato cinquecentesco. L’attuale forma ad elle non rispecchia l’originaria forma diritta che aggettava sull’allora ben più vasto cortile interno. La certezza di una diversa posizione della scala, con un probabile differente livello del piano di calpestio, avvalorerebbe ulteriormente la collocazione storica e la coerenza spaziale del Fantasma. Esso infatti appare inglobato, dalla zona subinguinale in giù, nell’attuale scala, facendo coerentemente riferimento ad una paleosuperfice che le evidenze storico-architettoniche ci portano a collocare nel punto esatto del  probabile piano d’appoggio dei sui piedi.
     


  • All'altezza del deltoide sinistro, il cavaliere pare indossare un nastro legato
    (ben visibile mediante una particolare analisi compiuta al computer): questo particolare andrebbe curiosamente ad avvalorare la leggenda di cui sopra dal momento che storicamente era abitudine che la donna facesse omaggio al proprio uomo di una simile striscia di tessuto ricamata con le proprie mani in occasione di tornei o di guerre.
    Il significato di tale dono era chiaramente simbolico: segno di legame indissolubile, eterno vincolo di amore.
    Un'altra possibile interpretazione si rinviene nel fatto che una assai circoscritta zona della medesima parte anatomica é interessata da una maggiore emissività termica: ecco che forse, tale striscia di tessuto, sarebbe stata usata come laccio emostatico per contrastare la fuoriuscita del sangue dovuta ad una ferita patita in uno scontro armato.


  • Una foto ad altissimo indice di "anormalità": Al di là di quelli che sono stati i risultati ottenuti in sede di laboratorio, é interessante sottolineare alcuni aspetti salienti:


  • L'extra é stato colto solamente in uno dei numerosi frame scattati e per di più coincidente con il momento in cui le sensitive "sentivano" una "presenza".


  • Non erano presenti sul luogo fonti termiche che avrebbero potuto generare tale anomalia.


  • Il luogo delle riprese era sorvegliato durante la sessione fotografica da ben quattro ricercatori.


  • Alcune aree, come quella nel braccio sinistro, presentano un insolito innalzamento termico (0.9°C). In pratica lo scostamento termico dell’anomalia rispetto all’ambiente è di 0.2-0.4°C con un picco massimo di circa un grado. Ciò, accordandosi perfettamente con l'enunciato di Dinicastro e Gullà,  secondo cui l'extra potrebbe formarsi assorbendo energia termica dall’ambiente.


  • La parte bassa del presunto cavaliere, quella posta al di sotto dell’inguine, è inglobata da una rampa di scale che é incontrovertibilmente posteriore all’epoca cui è stato datato il cavaliere. Questa coerenza cronologica costituisce forse l’elemento più inoppugnabile tra quelli sin qui elencati.
     


  • Le analisi antropometriche sul cavaliere hanno evidenziato un aspetto di straordinaria importanza avvalorante la straordinarietà dell’evento:  le sue fattezze sono pari a circa il  65% di quelle di un uomo medio dei nostri giorni (altezza 175 cm). Tale singolarità resta evidente anche se le misure del cavaliere vengono confrontate con quelle di un uomo medio del suo tempo. Si ritiene che l’altezza media degli uomini della fine del ‘400 si aggirasse intorno ai 150-155 cm.
     


  • L'importanza dell'immagine ottenuta a Bardi:  quella che per gentile concessione potete qui ammirare rappresenta il primo caso al mondo di "Fantasma termico".
    Recentemente, in Inghilterra il Dr Richard Wiseman dell’Università dell’ Herstfordshire sta conducendo un esperimento analogo utilizzando lo stesso tipo di telecamera termica, ma non vi sono notizie che parlino di riprese di Fantasmi termici. Comunque tale ricerca è successiva a quella di Bardi e, se pure portasse alla ripresa di immagini termiche anomale, il primato mondiale resterebbe a Bardi.
    Ma lasciamo spazio al commento dei due parapsicologi:
    "-Questa esperienza ha segnato una tappa importante sulla lunga e disagevole via della conoscenza della dinamica espletativa di questa categoria di fenomeni paranormali. Essa ci ha consentito di formulare una ipotesi che oggi fa piena luce su uno degli aspetti più inquietanti delle infestazioni e delle apparizioni come quello della varianza termica. Ad oggi gli studiosi, pur documentando anche meticolosamente gli strani abbassamenti termici ed i soffi gelidi, non erano riusciti a comprendere il perché del loro verificarsi. Ebbene, essi rappresenterebbero il risultato della sottrazione termica effettuata dal Fantasma. In pratica, in certi luoghi si verificherebbe, forse per l’effetto psicocinetico inconscio di qualcuno dei presenti, l’estrinsecarsi di informazioni energetiche ad effetto termico. Ma questa è solo una teoria. Infatti è anche possibile ipotizzare che l'azione psicocinetica inconscia di un eventuale agente abbia semplicenete aumentato l'energia cinetica delle molecole d'acqua sospese nell'aria provocandone il lieve surriscaldamento". Per quanto riguarda l'interpretazione dell'evento paranormale fotografico termico come l'immagine del leggendario Moroello, i ricercatori tengono a ribadire che essa è al momento del tutto arbitraria.

    Ulteriori sviluppi: il 12 maggio 2001 i ricercatori tornarono nuovamente a Bardi per registrare un'intervista con un'emittente televisiva.
    Ad attenderli vi era anche una signora "sedicente sensitiva" che si dichiarava in grado di comunicare con l'entità di un soldato austriaco che a suo dire era sepolto presso la sala delle torture.
    Recitando una particolare nenìa, la donna asseriva di poter ricevere una risposta tiptologica, ossia una serie di colpi fatti risuonare nel muro.
    La signora fu messa alla prova non prima di aver piazzato una particolare videocamera con sensore di movimento ed un sensibilissimo microfono.
    Nessun colpo fu udito durante quell'esperimento ma, stranamente, la telecamera si attivò per ben 20 volte (i presenti si trovavano a ridosso della medesima).
    Successive indagini compiute con la medesima videocamera e con il medesimo meccanismo di registrazione su movimento non hanno più evidenziato lo strano effetto ad innesco continuo registrato allora. Ciò però in assenza della citata sensitiva che quindi potrebbe essere stata l'inconsapevole detonatore del presunto accadimento paranormale. Queste nuove indagini servirono a valutare anche l'eventuale ruolo svolto dalla polvere (il pavimento è in terra battuta) nell'attivazione della videocamera, ma benché si fosse anche in presenza di più persone l'evento non si ripeté.
    Le fotografie in banda termica effettuate in quel 12 maggio 2001 non regalarono nuove.
    Le nostre personali conclusioni: il "caso Bardi" rappresenta indubbiamente un unicum non solo nel panorama italiano ma nella studio di quei fenomeni "paranormali" che solitamente definiamo col termine di "infestazione".
    Grazie allo scrupoloso lavoro ed alla passione di questi due parapsicologi, oggi disponiamo non solo di nuove ipotesi di studio, ma anche di alcune certezze che gettano indubbie basi per un futuro radioso nell'ambito dell'indagine di questa fenomenologia.
    Chi conosce Daniele e Michele, sa che la loro opera non si fermerà qui: é già all'ordine del giorno il progetto che forse presto prenderà vita: il primo osservatorio permanente sui fenomeni apparizionali da realizzarsi (con grande impiego di mezzi tecnologici all'avanguardia) proprio qui, nel luogo in cui Moroello e Soleste si amarono disperatamente.
    Da parte nostra non possiamo che augurarci che tutto ciò accada e, data la loro serietà e preparazione, siamo certi che le sorprese legate a Bardi non si esauriranno qui.

    Note sui due ricercatori:
     


  • DANIELE GULLA': Si interessa di parapsicologia da oltre vent'anni. La passione per l'astrofisica, l'elettronica e per la spettrografia UV, lo hanno indirizzato verso campi particolari della ricerca psichica: la fotografia paranormale e la transcomunicazione. Spesso relatore presso convegni e simposi di livello internazionale, ha pubblicato e pubblica articoli su importanti riviste del settore. Per cinque anni è stato ricercatore presso il Dipartimento di Ricerca del Centro Studi Parapsicologici di Bologna (CSP).
    Oggi ricopre l'incarico di Responsabile del Settore Immagini del Laboratorio Interdisciplinare di Ricerca Biopsicocibernetica.
    Collabora con importanti riviste italiane del settore. 



  • MICHELE DINICASTRO: Si interessa di parapsicologia da 23 anni e da circa 15 svolge ricerche sulla fenomenologia spontanea, sulla psicofonia e sulla medianità ad effetti fisici. Per cinque anni è stato ricercatore presso il Dipartimento di Ricerca del Centro Studi Parapsicologici di Bologna (CSP). 
    Oggi ricopre l’incarico di Direttore della Sezione Ricerca del Laboratorio Interdisciplinare di Ricerca Biopsicocibernetica di cui è anche cofondatore. E’ docente di Biopsicocibernetica presso il IV Dipartimento di filosofia, psicologia, sociologia e pedagogia dell’Università Aperta di Imola. Dal 2005 è membro della Parapsychological Association.
    Collabora con importanti riviste nazionali ed internazionali del settore. 


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